Ho un figlio che, almeno la notte, non piange quando reclama il cibo. Ma si agita, muove le manine, scalcia, fa versi e borbotta come si borbotta quando al ristorante il piatto ordinato tarda ad arrivare.
Poi fa una cosa che mi diverte sempre molto: mi sorride. Quel sorriso sgraziato dei neonati, a bocca aperta e un po'storto, che si vede che ci sta ancora prendendo la mano e che quella dozzina di muscoli coinvolti nel sorriso si sta ancora allenando. Un po' una palestra del ridere, chissà l'impegno che ci mette. E restiamo così, io e lui, per una manciata di secondi, coi nostri sorrisi silenziosi e sguaiati, che a me non tolgono certo le ore di sonno perse e le palpebre calanti, ma me li godo tutti, perché sono semplicemente belli. Allora penso che a volte ci serve proprio qualcuno che sorrida per primo, che faccia lui la fatica di essere felice e che ci resti accanto silenziosamente, non necessariamente per toglierci dai nostri dolori, ma per farci vivere l'effetto che fa.
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A volte mi capita di indicare a Vera qualcosa da guardare in lontananza. Quando mi accorgo che non riesce a vedere , il gesto più spontaneo è quello di prenderla in braccio e di portarla "alla mia altezza". Ma oggi ho provato a fare il contrario: mi sono abbassata io per cercare l'angolazione giusta affinché potesse vedere ciò che stavo indicando. Su ciò che comporta stare all'altezza dei bambini, credo che ognuno di noi l'abbia sperimentato almeno una volta e sappia cosa significa. Io credo che ciò che lo renda così speciale e difficile al tempo stesso, sia che, per quell'attimo, dobbiamo abbandonare le nostre certezze, il nostro orizzonte. Dobbiamo fare a meno dei nostri punti di riferimento ed assumere che ce ne siano di altri altrettanto validi. E questo implica che dobbiamo contemplare la possibilità di non essere dalla parte "giusta" come pensavamo o che, forse, "giusto e sbagliato" non serva nemmeno in questo caso. Prendere il punto di vista dell'altro significa togliere noi dal nostro centro per metterci l'altra persona e provare a vedere le cose come vengono viste da quella prospettiva.
In quanto donna e mamma di una femmina, cerco di stare sempre attenta agli stereotipi che girano intorno al nostro genere. Mi sto accorgendo di come le descrizioni delle protagoniste delle storie e dei cartoni animati stiano cambiando rispetto a quelle della mia generazione (e con esse anche le narrazioni delle relazioni e dell'amore, perché se cambia una parte, cambia tutto il sistema!). Ma trovo che spesso ci si concentri tanto sull'esatto opposto della principessa da salvare che aspetta il principe azzurro, ovvero la bambina ribelle e coraggiosa, la super eroina. Che va benissimo come prima azione per creare differenza e portare cambiamento ma se si fossilizza, rischia di diventare a sua volta uno stereotipo che ingabbia. Cosa succede se le uniche due possibilità sono queste? E se non mi ritrovo in una o nell'altra? Sono sbagliata?Faccio questo discorso per le donne ma lo estenderei a tutti e a tutte le età. Perché da grandi poi diventa: faccio la mamma o la donna in carriera? In versione maschile: il macho o il sensibile? E così via. Per fortuna però abbiamo una intera gamma di alternative nel mezzo che riescono a dare voce a tante altre descrizioni meno enfatizzate. E qui vi invito ad andare a trovare sempre nuove storie, cartoni, libri, film, per voi e per bambine/ bambini, che portino quella differenza e quella unicità in cui poi ci si possa LIBERAMENTE rispecchiare e ritrovare, senza mai sentirsi dalla parte sbagliata. Cosa ne pensate? In quali protagonisti vi siete rispecchiati maggiormente? Essere una psicologa non mi esime dall'essere una mamma che commette errori: a volte mi capita di alzare troppo la voce, altre volte non riesco ad ascoltare o aspettare.
Anche se conosco bene cosa succede quando si urla ai propri figli. Li inseriamo dritti dritti in una dimensione di paura, dove la persona che dovrebbe proteggerli e consolarli è la stessa che li sta "minacciando". Si sentono persi e vulnerabili, senza capire cosa fare. I nostri figli in quella situazione non apprendono un bel niente. Non interiorizzano la regola, la morale, il comportamento più consono, ma imparano qual è il modo per proteggersi ed uscire dallo stato di paura: ovvero fare ciò che il genitore chiede. Teniamo bene in mente che quando alziamo troppo la voce, quando sgridiamo in modo "aggressivo" (non quando siamo autorevoli, ben inteso), lì ci stanno soprattutto i nostri bisogni. Quando mi succede, mi fermo. Cerco di ritornare indietro, a cosa stava succedendo, provo ad indovinare e a verbalizzare come sta mia figlia, riprovo nuovamente usando altre parole, cerco di non avere fretta. Adesso che è più grandina, chiedo la sua collaborazione. Spesso chiedo scusa. Perché credo che per mia figlia sia più importante vedere una mamma che si migliora invece di una mamma perfetta. "Dai, veloce, che dobbiamo andare!"
Ci sono mattine in cui si va di fretta: giusto il tempo per la colazione, bisogna prepararsi veloci per uscire che il lavoro non aspetta! E c'è Vera che invece se la prende con calma, vuole vestirsi da sola, giocare, curiosa nella borsa di lavoro lasciando sul pavimento i resti di ciò che trova, poi c'è la pipì dell'ultimo minuto e poi ancora la scelta del gioco da portare con sé, che non è mai quello giusto al primo colpo ma bisogna cambiarlo sempre! Proprio quando il tempo scarseggia, lei rallenta! Mentirei se dicessi che non sale un po'di fastidio (qui un chiaro esempio di bisogni insoddisfatti che fanno uscire la rabbia!)...Che lo faccia apposta? Viene da pensare! Ma poi osservo prima di tutto me stessa. Sono io che ho esigenze diverse, che necessito di cambiare i ritmi e le chiedo di adeguare i suoi ai miei. Quando si deve andare al lavoro o ad un appuntamento, quando il tempo è contato, perché la quotidianità è fatta anche di incastri, che sia anche solo preparare il pranzo! Penso che forse le sto chiedendo davvero uno sforzo grande per la sua età e che, come pesa a me, pesa anche a lei. Magari di soluzioni non ce ne possono essere, magari continueró a dire "dai, veloce, che dobbiamo andare!" perché il tempo è quello che è, non si può raddoppiare a piacimento! Forse mi basta sapere che siamo sulla stessa barca, che i momenti lenti si affiancano a quelli veloci e che dobbiamo supportarci a vicenda per andare avanti. Voi che ne pensate? Oggi ho avuto il colloquio con l'educatrice di riferimento di Vera al nido.
Solitamente sono io in studio che accolgo i genitori, oggi è stato il contrario ed ero emozionata! Sarà un nuovo inizio. E come tutti i nuovi inizi, porterà con sé dei cambiamenti. I percorsi non sono mai lineari e se siamo bravissimi nel vedere e supportare i traguardi positivi, che fanno stare bene, a volte ci imbattiamo in qualcosa che ci fa preoccupare. Mi sento di dire che può rientrare tutto nel fisiologico, che la maggior parte delle difficoltà tende a risolversi con il passare del tempo, se i bambini vengono ascoltati e non lasciati soli. Può succedere che non vogliano andare all'asilo, che piangano, che abbiamo delle regressioni. Ricordo perfettamente Vera che, un anno fa, dopo una settimana di frequentazione di uno spazio di socializzazione e gioco senza problemi, ha iniziato a piangere senza sosta anche a casa, a non voler mai lasciarmi, e un giorno ho deciso che potevo, per una volta, allattarla nuovamente per farla addormentare e calmarla, nonostante avessimo già altre rodate abitudini per la nanna pomeridiana. Diamo tempo, a loro come a noi, di sperimentarsi, di vedersi in una nuova situazione, di potersi fidare di un altro adulto che si prenda cura quando siamo lontani (sia noi genitori che loro!) Ho preso per l'occasione un libricino da sfogliare insieme (qui c'è la mamma, non me ne vogliano i papà!) dove le protagoniste trovano un modo personalissimo e pieno di amore per affrontare la giornata, ognuna coi propri impegni! Siete anche voi in procinto di iniziare un nuovo percorso scolastico? Come la state vivendo? Ogni giorno, a metà pomeriggio, come un orologio svizzero, forse per la noia dello stare sempre con noi genitori o la voglia di altro, Vera inizia a camminare sulla spiaggia in cerca di persone con cui interagire. Ha tampinato soprattutto femmine: ragazzine, giovani donne, mamme, nonne.
Noi, ovviamente, dietro di lei. E così, dopo Vera che esordisce col suo "ciao" che sembra più un "ciau", dopo frasi di circostanza, si inizia piano piano, quasi in punta di piedi, ad entrare nelle storie di vita delle persone. C'è stata la nonna coi capelli bianchi e gli occhi azzurri come il mare a cui Vera si è messa in braccio e con cui si sono scambiate coccole a vicenda. La mamma di tre figlie femmine a cui Vera ha scroccato delle crocchette di patate per merenda, con cui si è parlato dell'essere mamma. La ragazzina con cui ha giocato con uno spruzzino e quella che ha riempito di sabbia. La famiglia milanese, con cui si è parlato, ahimè, di Covid. La maestra di asilo Anna, che dalla Puglia è salita fino a Trento per lavoro, trovando poi l'amore del montanaro Paolo a cui piace il mare. Poche parole, poche frasi eppure ricchissime di ciò che una persona ha vissuto, di ciò che si porta con sé, anche in spiaggia, oltre al telo e all'ombrellone. E se all'inizio mi costava fatica ( io che in spiaggia cerco quasi la solitudine) a poco a poco è stato divertente trovarsi a pensare "chissà oggi Vera chi sceglierà"! Farina, acqua, zucchero e lievito: niente di più semplice! Ecco la pasta che abbiamo realizzato io e Vera ieri.
Mescolare gli ingredienti, impastare, aspettare la lievitazione! Che grande esercizio è la cucina: ti chiede di rispettare i tempi del riposo, di lasciare che la chimica e la natura facciano il loro corso. E quante volte invece noi andiamo di fretta, non solo fisicamente ma anche mentalmente, mentre avremmo bisogno di rallentare, di lasciarci sorprendere dall'aspettare e dallo stare. Abbiamo poi steso la pasta col mattarello, farcito con la confettura di albicocche della nonna Marina e arrotolato. Tutti esercizi di manipolazione per i bambini, che richiedono impegno e precisione. In forno qualche minuto e poi zucchero a velo per finire: che soddisfazione! Che ne dite? Vi è mai capitato di immaginarvi diversi? Di sognare di essere più... bravi belli intelligenti capaci (inserisci l'aggettivo che vuoi tu)?
Ecco, quando lo facciamo, lì dentro ci mettiamo una parte di nostre aspettative su noi stessi, delle aspettative che sentiamo gli altri hanno su di noi e ciò che vorremmo essere, l'immagine più bella di noi stessi, ovvero il nostro "sé ideale". Questo ideale di noi stessi ci guida nel porre degli obiettivi che ci soddisfino ma occorre stare attenti affinché non diventino troppo disancorati alla nostra realtà. E nella relazione cosa succede coi sé ideali? Può capitare di avere delle aspettative su di noi e sull'altro, su come vorremmo essere, su cosa l'altro dovrebbe fare e così via. A volte queste aspettative sono raggiunte e stiamo bene. Altre volte sono invece disattese e questo può portare senso di colpa ("non sono come tu mi vuoi") insoddisfazione o tradimento ("non sei come credevo tu fossi") e un generale malessere nella relazione. Può capitare anche nella relazione con i figli, quando li investiamo di aspettative che forse però riguardano più noi e i nostri sogni che loro. Oggi nelle storie su Instagram abbiamo condiviso proprio questa tematica: raccontaci la tua esperienza! Nasce un figlio, una figlia e nascono anche due genitori.
Nei mesi precedenti la nascita, si immagina tanto e forse tutto! Come sarà, come saremo noi, cosa farà, cosa faremo. E intorno, tanta magia, buoni propositi, solo "cose belle". Dopo la nascita ci si scontra con le prime difficoltà (magari qualcosa che non avevamo contemplato) e ritrovare quelle immagini così positive che avevano accompagnato la gravidanza può essere complicato. Vogliamo rassicurare le neo mamme e i neo papà che va bene così. Che fa tutto parte del gioco! Che si impara strada facendo e che non c'è un giusto o uno sbagliato. Il vero metro di misura restiamo sempre noi, il nostro benessere come individui e come famiglia, e... i nostri sorrisi! Insieme a Anna Gigliarano e Valentina Rocchio vogliamo RICORDATI CHE: |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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