Va bene scrivere la lista di buoni propositi, va bene non averne neanche uno. Va bene festeggiare fino al mattino, va bene restare sul divano. Va bene correre a perdifiato verso la meta, va bene riposare sul prato. Vanno bene i successi, così come i fallimenti. Va bene sapere già ciò che si farà, va bene non averne la minima idea. Va bene essere entusiasti, va bene anche essere tristi a volte.
Va bene tutto, fuorché sia ciò che desideriamo davvero. Prendiamoci cura di noi e della nostra felicità! Buon nuovo inizio o buona continuazione, a seconda di come la volete guardare.
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Il Natale, prima che diventasse una festa cristiana, coincideva con i festeggiamenti per il solstizio d'inverno: il giorno dell'anno con il minor numero di ore di luce.
Sì festeggiava la fine dei mesi più bui e l'inizio, seppur lieve, dell'allungarsi dei giorni, in attesa della primavera. Una festa legata alla luce, alla rinascita. Anche se ancora non si vede, se il freddo è intenso, se il sole tramonta presto, il cambiamento si è innescato. La vita non sempre ci dà ciò che chiediamo, a volte scombussola talmente tanto i nostri progetti e sogni da non sentirli più nostri. Ma altre volte, come sotto l'albero, ci arriva qualcosa di inaspettato che ci strappa un sorriso. Il mio augurio per domani è quello di provare, non tanto a fare la conta di ciò che ci eravamo prefissati ed abbiamo raggiunto, ma di guardare con attenzione ciò che non ci aspettavamo e che ci ha sorpresi. Penso sia anche quella una bella magia! Natale viene descritto come magia, gioia, felicità, famiglia ... ma non tutti lo vivono così. Il vedere che intorno a noi è tutto luccichio e sorrisi, può far risaltare ancora di più ciò che si sente sul polo opposto.
A Natale si può essere tristi. Possono riproporsi dinamiche familiari che soffocano o invischiano. Può emergere una emozione spiacevole. Possono tornare a farsi sentire aspettative, sensi di colpa, bisogni, doveri imposti. Si può desiderare di stare soli, di viverlo come un giorno qualsiasi, perché la felicità a volte è impossibile, a volte fa paura. Non infiliamoci in etichette preconfezionate, perché siamo liberi di provare ciò che proviamo, senza doverci sentire dalla parte sbagliata. Cucinare è fare, agire, scegliere.
In psicologia i processi che regolano il "fare" sono denominati funzioni esecutive. Permettono di pianificare, focalizzare l'attenzione, ricordare, destreggiarsi tra più attività. Sono quindi fondamentali per lo sviluppo e l'apprendimento. Come è altrettanto importante "esserci", sentire le sensazioni del proprio corpo ed essere consapevoli di ciò che pensiamo (a volte non è così scontato, perché agiamo in automatico!). La cucina richiede tutte queste cose: pensate a quando seguite una ricetta leggendo o ricordando le istruzioni, quando scegliete gli ingredienti, quando copiate i movimenti del cuoco in video, quando avete contemporaneamente due cibi in preparazione che necessitano di tempi cottura procedimenti diversi. È una formidabile palestra! Cosa succede se cuciniamo con la testa tra le nuvole? Se siamo lì fisicamente ma non ci siamo davvero? Il più delle volte: un pasticcio! Proviamo a portare queste domande anche al di fuori della metafora della cucina: cosa ci succede quando non siamo presenti a noi stessi nella vita quotidiana? Come sono le scelte che facciamo? Riusciamo a sentire i nostri bisogni? "Non ci si lascia fischiettando, con le mani in tasca. Quant'è difficile restituire l'altro alla folla! Gridiamo che tutto è finito; tremiamo di fronte al baratto della quotidianità, indietreggiamo di fronte al vuoto dell'indifferenza, esitiamo ad aprire le porte sull'abisso della solitudine.Ci possiamo offrire il lusso di una fuga, un pomeriggio intero, e raccontarci che prenderemo la nave per mettere fine a anni di vita insieme. Alla sera, torniamo a casa, troviamo il nostro posto nel letto e, mentre ci addormentiamo, la nave si allontana sempre di più. Per interrompere una relazione, bisogna avere il coraggio dell'attimo dopo: per attraversarlo, bisogna essere pronti a utilizzare sotterfugi, mezzi che si pensavano sperimentati e che non sono altro che panacee"
Tratto da Passaggi, di Emile Ollivier In quanto donna e mamma di una femmina, cerco di stare sempre attenta agli stereotipi che girano intorno al nostro genere. Mi sto accorgendo di come le descrizioni delle protagoniste delle storie e dei cartoni animati stiano cambiando rispetto a quelle della mia generazione (e con esse anche le narrazioni delle relazioni e dell'amore, perché se cambia una parte, cambia tutto il sistema!). Ma trovo che spesso ci si concentri tanto sull'esatto opposto della principessa da salvare che aspetta il principe azzurro, ovvero la bambina ribelle e coraggiosa, la super eroina. Che va benissimo come prima azione per creare differenza e portare cambiamento ma se si fossilizza, rischia di diventare a sua volta uno stereotipo che ingabbia. Cosa succede se le uniche due possibilità sono queste? E se non mi ritrovo in una o nell'altra? Sono sbagliata?Faccio questo discorso per le donne ma lo estenderei a tutti e a tutte le età. Perché da grandi poi diventa: faccio la mamma o la donna in carriera? In versione maschile: il macho o il sensibile? E così via. Per fortuna però abbiamo una intera gamma di alternative nel mezzo che riescono a dare voce a tante altre descrizioni meno enfatizzate. E qui vi invito ad andare a trovare sempre nuove storie, cartoni, libri, film, per voi e per bambine/ bambini, che portino quella differenza e quella unicità in cui poi ci si possa LIBERAMENTE rispecchiare e ritrovare, senza mai sentirsi dalla parte sbagliata. Cosa ne pensate? In quali protagonisti vi siete rispecchiati maggiormente? Nella coppia si mescolano bisogni, si riproducono dinamiche apprese, si intersecano storie, si giocano "ruoli" (del tipo: salvatore-salvato; sostegno-sostenuto, forte-debole, e così via).
Capita che un ruolo (più o meno inconsapevolmente) piaccia, che risponda ad un nostro bisogno, che traduca bene un pezzo della nostra storia personale. E che magari si incastri alla perfezione con quello dell'altra persona. A volte invece un ruolo sta stretto, si sgomita, si cerca di uscirne a tutti i costi, ributtandolo, a volte purtroppo anche in modo violento, sull'altro. Ed è qui che la coppia può vacillare. Altre volte ancora, succede che la vita si metta di mezzo e ci offra la possibilità di rivedere questi ruoli, di metterli reciprocamente in discussione, di fare sì che si formi un nuovo incastro che sia più funzionale e che porti più benessere. Che ne pensate? |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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