Prendermi cura delle storie delle persone è il mio lavoro. Negli anni ho sfogliato tanti libri che parlavano di cura e ancora lo faccio, sia per formazione professionale sia perché è sempre importante avere sguardi nuovi con cui guardare ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Potevo allora non leggere questo "Manifesto della cura", scritto dal collettivo The Care Collettive? "Di cosa parliamo quando parliamo di cura? Cosa vuol dire avere cura degli altri e chi sono questi altri? Come fare in modo che prendersi cura degli altri non sia solo un' attitudine individuale, da filantropi, ma un imperativo etico e una responsabilità politica?" Mica male come prime righe. Poche pagine ma densissime di contenuti, in cui più piani, da quello personale a quello politico, si intrecciano ... perché così è la realtà. Siamo dentro le relazioni, viviamo nelle relazioni, a tutti i livelli. "La consapevolezza della nostra dipendenza e interdipendenza dagli altri è il primo passo per rimettere la cura al centro dell'agenda politica e sociale" "Prendersi cura non può essere un processo individuale ma collettivo". Ed è proprio la presa di consapevolezza di quanto il sistema in cui siamo inseriti e le relazioni ci formino, di quanto ci costituiamo attraverso la relazione, che deve farci adottare la prospettiva di una cura che sia responsabilità collettiva. Il discorso su che cos'è "cura" viene amplificato: "Quando parliamo di cura non ci riferiamo soltanto alla cura in senso pratico, ovvero il lavoro svolto in prima persona da chi si occupa dei bisogni fisici ed emotivi altrui, per quanto questo resti un aspetto cruciale. La cura è anche una capacità sociale, un'attività che alimenta tutto ciò che è necessario al benessere e al nutrimento della vita". Ritorna una concezione di benessere che sia inclusivo di mente e corpo, di salute mentale, salute fisica e salute relazionale. "Cura universale significa che la cura in tutte le sue manifestazioni è la nostra priorità, non solo in ambito domestico, ma in ogni sfera, nei nostri legami più stretti, nelle nostre comunità fino ad arrivare agli stati e all'intero pianeta".
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La rabbia è forse, tra le emozioni, quella più bistrattata. Viene mal vista socialmente perché spesso associata all'aggressività, che invece è un comportamento e può essere messo in atto a seguito di diverse emozioni, non solo della rabbia. E di rabbia, durante questo anno di pandemia, ne abbiamo provata e vista tanta. 👉🏻Non poter vedere i propri cari e gli amici, non poter essere liberi di fare ciò che eravamo abituati a fare, vedere le conseguenze del virus e delle scelte politiche nella propria vita e in quella della propria famiglia a tutti i livelli (individuale, sociale, economica ecc). 👉🏻 Può capitare spesso di pensare "non è giusto", "perché?" e subito sentiamo la necessità di trovare delle motivazioni o un "colpevole" verso cui indirizzare la nostra rabbia. 👉🏻Ci sentiamo attivati, la testa è annebbiata, la voglia di muoversi, di scagliare qualcosa a terra, di prendere a pugni, anche di fare male. 👉🏻La rabbia è una emozione potentissima e la sentiamo così forte, così istintiva perché ha proprio a che fare con noi stessi, con i nostri confini, con la nostra sopravvivenza. Proviamo rabbia quando i nostri bisogni non sono soddisfatti o sentiamo che l'altro ha invaso un confine nostro, senza rispettarlo. 📝 Psicoesercizio Quando sentiamo arrivare la rabbia, fermiamoci qualche minuto. E ascoltiamola, senza passare subito ad una azione/reazione. Qual è il bisogno che ci sta dietro? Quale aspetto di me vedo calpestato? Quali dei miei confini (materiali, relazionali, temporali) sento che non sono rispettati? Cosa sento che mi manca e che vorrei? Cosa puoi fare tu per quel bisogno? “Quando ti arrabbi, ritorna a te stesso e prenditi molta cura della tua rabbia. Quando qualcuno ti fa soffrire, ritorna a te stesso e prenditi cura del tuo dolore, della tua collera.” THICH NHAT HANH Nel libro "I miserabili" Victor Hugo scriveva “L'oscurità dà le vertigini. L'uomo ha bisogno della luce: e chiunque si tuffi nell'opposto della luce si sente il cuore stretto. Quando l'occhio vede nero, la mente vede confuso; nell' eclisse, nella notte, nella caliginosa opacità v'è l'ansia, anche per i più forti.” E' molto frequente che in questo periodo di pandemia si provi ansia, apprensione, panico, preoccupazione, timore, sgomento, a volte addirittura terrore ed angoscia. Le raggruppo sotto lo stesso cappello, poiché possiamo vederle come sfumature dell'emozione base PAURA. Sono emozioni collegate al futuro, che ci comunicano qualcosa su come noi stiamo immaginando, visualizzando, ipotizzando e vivendo l'arrivo del "domani". Partiamo, come per lo sconforto, dal primo punto, ovvero capire meglio la situazione. Quali caratteristiche sono connesse con la nostra emozione? Può essere l'alto numero di morti e di contagiati o la mancanza di soluzioni definitive ed efficaci una volta per tutte. O ancora la persistenza del virus e la sua rapida diffusione a livello mondiale, con il blocco di tante attività e relative conseguenze. I pensieri che si fanno strada possono richiamare allora il tema della morte, della propria e di quella delle persone a cui vogliamo bene, ma anche più in generale il tema dell'incertezza, dello sconosciuto, del non sapere cosa ci potrà accadere, cosa ci attende. Tutto ci sembra fuori il nostro controllo. La morte è per definizione qualcosa che non conosciamo, che non possiamo prevedere né controllare, è il vuoto, il nulla, il buio. Ecco allora che il nostro corpo reagisce alla paura, in due differenti modalità. Può o immobilizzarsi o attivarsi. Sono due reazioni che osserviamo anche negli animali: ci sono prede che fingono di essere morte per scampare al predatore e altre che invece fuggono. Nel primo caso, può essere utile seguire i suggerimenti dati per lo sconforto: muovere il corpo, che può essere ballare, fare qualcosa con le mani, camminare, o anche solo scrivere. Nel secondo caso, il corpo reagisce nel modo apposto: si sta preparando alla fuga, quindi i battiti aumentano, il respiro è affannoso, le gambe iniziano a tremare. Possiamo allora cercare qualcosa che rallenti questi cambiamenti, che rilassi i muscoli e il respiro: ad esempio ascoltare musica rilassante, leggere, osservare delle immagini piacevoli, provare qualche esercizio di respirazione, preparare una tazza di té o di latte (dall'aspettare che l'acqua bolla al sorseggiarla lentamente). Arrivati fino a qui, possiamo allora domandarci cosa queste sfumature di paura ci stanno comunicando. Ci stanno dicendo di fare attenzione, che i rischi sono molto alti, soprattutto per la sensazione che sia tutto fuori il nostro controllo. Di fronte al vuoto, all'indicibilità del futuro, la nostra mente ci prefigura gli scenari peggiori, affinché possiamo arrivare preparati ad affrontarli. Se non avessi timore di bruciarmi e non pensassi che con la teglia in forno potrei scottarmi, difficilmente prenderei la presina. In questo senso la paura è molto utile, dobbiamo ascoltarla, altrimenti rischieremmo sempre grosso. E' quando però gli scenari peggiori non lasciano il minimo spazio ad altro che diventa difficile. Vi suggerisco allora un esercizio, per allenarci a vedere altri scenari. Dobbiamo fare appello alla nostra curiosità. Andare alla ricerca di quelle cose che il futuro potrebbe avere in serbo per noi e riprenderci il controllo su quelle. Piccole o grandi cose, tutto va bene. Potrei vedere un futuro in cui posso decidere come organizzare del tempo gratificante a casa. Potrei immaginare un domani in cui metto in atto dei comportamenti che mi proteggono e proteggono i miei cari. Potrei pensare a come mi potrebbe servire per affrontare al meglio il futuro (riprendendo la metafora di prima, quali presine potrei usare per proteggermi dal calore del forno). Posso anche pensare di ammalarmi o che si ammalino le persone a me vicino ma che saprò quali risorse attivare per gestire quel momento doloroso. Posso immaginare come sarà la ripresa, quali primi passi concreti potrò, vorrò, dovrò fare per risalire dal fondo. Provare insomma a creare diversi "poi" a partire da un "ora" che ci fa paura. “L'ansietà è lo spazio tra 'ora' e 'poi'.” Una delle emozioni che può capitare di provare più spesso in questo periodo è lo sconforto. Possiamo definirlo come un grave avvilimento, un profondo abbattimento morale, che comporta amarezza, demoralizzazione, perdita di fiducia e speranza. Ma cosa possiamo fare? Se consideriamo lo sconforto la risposta emotiva di un processo che inizia con uno stimolo (nel nostro caso la situazione attuale di pandemia), possiamo intervenire su questi livelli: 1) capire meglio la situazione. Non possiamo di certo modificarla perché non dipende da noi ma possiamo osservare quali caratteristiche sono connesse con la nostra emozione 2) riflettere sui nostri pensieri che possono influenzare la risposta emotiva 3) osservare ed eventualmente modificare come il nostro corpo si sente 4) domandarci cosa lo sconforto ci sta comunicando. Partiamo dal primo punto. Questa situazione è molto complessa, ci sono molteplici fattori in gioco ( sanitari, psicologici, sociali, relazionali, economici, politici, ambientali...) e tenere tutto insieme non è per nulla facile. Proviamo allora a circoscrivere l'area e a trovare quali caratteristiche della situazione ci portano sconforto. 👉🏻Può essere non vederne una fine vicina. O il fatto che i contagi stanno aumentando, o ancora può essere vedere che non c'è stata ancora una strategia efficace al 100%. Individuare queste caratteristiche ci aiuta a trovare poi i pensieri che sono collegati a noi e che entrano in gioco nel processo emotivo. 👉🏻Se non vedo una fine, allora potrebbe venirmi il pensiero che forse tutto è destinato a restare immutabile e, così anche noi. Se vedo che i contagi stanno aumentando, posso pensare che toccherà prima poi a tutti, anche a me, è inevitabile. Se mi rendo conto che non c'è ancora una strategia vincente, posso pensare che anche i miei sforzi sono serviti a niente. Ed ecco arrivare lo sconforto... 👉🏻 Sentirò il corpo lento, pesante, deattivato, spento, stanco. I battiti del cuore rallentati, i muscoli molli. Arriverà qualche sospiro, uno sbadiglio, la voglia di riposare o magari di piangere. Posso stare in ascolto per qualche minuto di queste sensazioni. Quando sentirò di averle ascoltate a sufficienza, posso decidere di fare qualcosa di attivante: guardare un film divertente, ridere, muovere il corpo, ballare, ascoltare musica energica, cantare, impastare, pulire casa, giocare! E alla fine prestare attenzione a come il corpo si è modificato...le sensazioni connesse con lo sconforto sono diminuite,vero? Arrivati a questo punto è importante capire cosa ci sta comunicando questa emozione. 👉🏻Riprendiamo i pensieri che abbiamo trovato e proviamo a dare loro un senso. Non vedere la fine di qualcosa di negativo è devastante. Forse abbiamo bisogno di ridimensionare il nostro tempo e di trovare progetti da realizzare più a breve periodo. Non possiamo pensare già alla grigliata di Pasquetta o alle vacanze estive come eravamo abituati, ma possiamo programmare qualcosina di gratificante per il tempo libero della settimana. È molto difficile, perché spesso le decisioni politiche avvengono da un giorno all'altro, così come l' andamento dei contagi cambia rapidamente, mentre noi siamo abituati a ragionare sul lungo periodo. Che di tratti di vita personale o lavorativa, spesso a inizio anno già abbiamo pianificato molto i mesi che verranno. Ma se provassimo a cambiare prospettiva? Se pensiamo che non c'è stata ancora una strategia vincente possiamo arrivare alla deduzione che anche i nostri sforzi sono stati vani e magari ci viene voglia di non seguire più tutte le precauzioni Forse abbiamo bisogno di trovare un nuovo senso a quello che stiamo facendo. Magari quello che la singola persona ha fatto non ha cambiato le carte in tavola a livello nazionale ma sicuramente, restringendo il campo, ha portato dei benefici nella propria cerchia. 👉🏻Se lo sconforto ci sta dicendo tutto questo, ascoltiamolo, prendiamoci una pausa per riposare, capire quali sono i nostri bisogni e proviamo poi a cambiare prospettiva. Se avete domande o dubbi, scrivetemi! Lo sconforto non tiene mai conto del firmamento |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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