Una giornata di lavoro intensa è finita. Ci sono nuovi progetti (lavorativi e non solo) che avevo messo in standby durante lo scorso anno e che ora stanno prendendo forma e concretezza. Questo ovviamente riempie di soddisfazioni anche se, a volte, vedersi molto vicino a ciò che abbiamo tanto desiderato può farci tremare le gambe e fare uscire allo scoperto qualche timore.
Succede o è successo anche a voi?
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Abbiamo sfruttato l'occasione per fare una camminata in montagna e goderci questo primo accenno di primavera. Cielo un po'fosco ma tanto caldo a ricordarci che ormai l'inverno sta finendo. Vera ha camminato tanto, zompettando sulle sue gambine, a tratti prudente, a tratti spavalda. E quanto mi è piaciuto stare con lei mano nella mano tra la natura, mentre raccoglieva sassi, ghiande, foglie secche. Lei raccoglie sempre tutto e tutto finisce nelle tasche, da svuotare poi a casa. O da custodire fino alla prossima volta in cui metterà la sua manina dentro ed estrarrà sorpresa e contenta un ricordo del tempo passato insieme.
📝 Psicoesercizio Che ricordo vorreste estrarre oggi dalle vostre tasche, per scaldarvi in questo primo sole quasi-primaverile? Ho una cara amica che vive dall'altra parte del mondo, a 9000 e passa chilometri di distanza. Legge sempre molto pazientemente ciò che scrivo e l'altra mattina mi invia questo "buongiorno":
„La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.“ di Arthur Schopenhauer. L'ho associata a questa foto, dove l'ordine del traliccio si intreccia al caos dei rami e permette di crescere e dare nuova vita. Non ci importa sapere chi è vitale per chi, ma guardare nell'insieme cosa hanno prodotto. Caos e ordine, realtà e sogni, staticità e cambiamento, sono tutti in relazione nello stesso libro e l'uno non esisterebbe senza l'altro. 📝 Psicoesercizio Fermati a riflettere: in quale posizione ti senti di più ora? Sei in una fase di caos o di ordine? Di cambiamento o di staticità? E come ti ci trovi? I festeggiamenti di Carnevale sono finiti. Noi siamo abituati a queste tradizioni cristiane ma i caratteri della celebrazione del carnevale hanno origini in festività molto antiche, greche e romane. Durante queste feste si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie, per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo, alla dissolutezza, all'irriverenza.
Possiamo dire che il carnevale rappresentava metaforicamente un "caos", che sostituiva l'ordinarietà statica e costituita, dal quale si poteva riemergere con un ordine rinnovato e migliore... garantito fino al carnevale successivo. Anche per noi il caos può essere generatore. Può fare paura perché imprevedibile, senza regole, sconosciuto, ma rimescolare le carte in tavola e sostare in un momentaneo disordine, è fondamentale per essere pronti ad iniziare una nuova partita. "Mi piacciono i coriandoli per terra a dimostrare che qualcuno si è divertito. Che la felicità per un attimo si è fermata in quel luogo"
Fabrizio Caramagna "Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada"
R.M. Rilke 📝Psicoesercizio Avete qualche progetto che state seminando per il futuro? Anche questa è resilienza! Il detto dice "Se son rose, fioriranno" ma se ci troviamo in mano dei carciofi?
In questi ultimi tempi, causa pandemia e lockdown, è stata sdoganata la parola "resilienza". La si sente ovunque, viene usata ormai in tutti gli ambiti, da quello sociale, lavorativo a quello personale e relazionale, per indicare la capacità di rialzarsi, di adattarsi, di tornare a sorridere dopo una crisi. Viene sempre citata come una "capacità", e questo lascia spesso intendere che sia qualcosa di acquisibile sì, ma abbastanza immutabile. E per me, che mi sono laureata con una tesi su trauma e resilienza, è un peccato semplificarla così. La resilienza è più un processo. Se andiamo a vederne le origini etimologiche, il termine resilienza deriva dal latino resiliens-resilientis, participio del verbo resilio (da re e salio), ovvero rimbalzare, saltare all'indietro, prendere un'altra direzione. Non è per niente la capacità di resistere, né di sopravvivere, anzi!I materiali resilienti sono quelli che assorbono l'urto, ne sono in parte modificati, e ritornano nella condizione iniziale senza rompersi. È un processo complesso che mette in conto che una crisi ci "modifichi", che ci "urti", che ci "sposti", insomma che porti in noi degli sconquassamenti e con sé la conseguente necessità di "prendere un'altra direzione". Il processo resiliente prevede poi che, una volta presa consapevolezza di ciò che ci è piombato addosso, si possa tornare (se prima c'era) o acquisire (se prima non c'era nemmeno) uno stato nuovo di benessere. Un processo è molto diverso da una capacità perché presuppone un cammino, un cambiamento, due passi avanti e uno indietro, e un insieme di risorse da usare secondo tempi e modi individualmente diversi. Non è mai uguale per tutti. Perché nel MIO processo resiliente posso inserirle le MIE specifiche risorse (che magari cambiano nel tempo, quelle di ieri possono non essere quelle di domani) e seguirò i MIEI specifici tempi, per andare alla ricerca di ciò che davvero è il MIO benessere, sempre nel qui ed ora. Vista da questa prospettiva che effetto vi fa? Guardo me e Vera: è un continuo chiamarci a vicenda. I nostri nomi sono le parole più pronunciate nelle nostre giornate. A volte stancano, da un lato e dall'altro, tutte queste domande e risposte di attenzione, perché richiedono impegno, tempo, presenza. Come tutte le forme di amore, del resto. E allora penso che mi piace così.
Alzi la mano chi si è ritrovato almeno una volta con i capelli arruffati. Poca paura: spazzola in mano e tutto si sistema. E se invece dei capelli ci ritrovassimo con la mente arruffata? Un groviglio di pensieri, frasi, ricordi, emozioni...che solo a guardarlo, quel gomitolo incasinato, ci viene voglia di scappare o di ricorrere alle forbici. Anche in questo caso, credo che sia capitato a tutti, almeno una volta, di non riuscire più a vedere l'inizio e la fine del filo, di sentirci in balia di un caos scompigliato senza riuscire trovare la rotta. Un esercizio che mi capita spesso di suggerire, è quello di provare, come prima cosa, a scrivere quello che abbiamo in testa. Il linguaggio, infatti, essendo un codice con regole precise, ci obbliga a dare una forma, un ordine sintattico, a cercare connessioni logiche, tra soggetto e azione, tra causa ed effetto. Ed è questo uno dei motivi per cui tante ricerche sostengono che scrivere sia terapeutico.
Vi va di provare? Se avete voglia di maggiori informazioni, scrivetemi pure in privato! ![]() Questi rami stanno disperatamente cercando di abbracciarsi o di lasciarsi? Quale che sia la loro intenzione, se fossero una coppia in terapia, mi piacerebbe chiedere loro: cosa vedete? Cosa provate in questo momento, ad essere in questa posizione? Siete comodi o scomodi nelle emozioni che sentite? Sono domande che possiamo porci tutti, anche ogni giorno, soprattutto quando ci troviamo in una situazione di "crisi" e scegliere il passo da fare può essere molto difficile. |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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