Ho passato le vacanze natalizie immersa nel libro "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara e ho capito finalmente perché tutti ne parlassero così appossionatamente.
Credo ci siano decine e decine di frasi stupende, oggi vi condivido questa: "Ammettere di ignorare quel linguaggio significava dover spiegare il proprio" Dove il protagonista non intende le parole ma bensì i significati e i mondi che quelle parole portano con sé. L'incontro con l'altro, a volte più, a volte meno, implica sempre uno sguardo a ciò che è nostro, a ciò che siamo. Perché è la differenza che crea informazione (citando Bateson). Uno sguardo verso di noi che non è mai facile, soprattutto quando ci mette davanti agli occhi cose che non vorremmo vedere.
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[la moretta] É morta per un amore infelice. Ha cantato e gridato gagl gagl per tutta la notte per la sua amata, poi è venuto un altro e gliel'ha portata via e allora lui ha cacciato la testa sott'acqua e si è lasciato andare alla corrente".
"Non è vero" gridò Sofia e si mise a piangere. "Le morette non possono annegare. Racconta com'é andata veramente" Allora la nonna disse che l'uccello aveva semplicemente battuto la testa contro una pietra: cantava e cantava così sfrenato che non aveva badato a dove andava, e così era successo quel che era successo proprio nel momento in cui era al massimo della felicità. Tratto da "Il libro dell'estate" di Tove #Jansson Quanta paura abbiamo di perdere la nostra felicità? Riusciamo a viverla comunque o la paura ci fa stare sempre un passo indietro? "Viviamo perennemente nel ricordo delle nostre storie, quali che siano le vicende che raccontiamo" Michael Ondaatje
Mi sono commossa leggendo queste righe: la descrizione dell'amore tra una bambina, senza più mamma e papà, e l'unica suora che, nel convento, riesce a relazionarsi con lei come una figura materna.
Mi sono commossa pensando a quanta mancanza ha sofferto la protagonista, a quanto sono stati preziosi per lei e per il suo diventare adulta quegli scambi di affetto. Quanto è vitale avere qualcuno che ci guardi con gli occhi pieni di amore e da guardare con altrettanta intensità. Mi sono commossa, perché, nonostante le mille differenze, quel "bene" è come quello che ci scambiamo anche io e Vera e fino a quando sentirò che c'è, potremo fare un passo dopo l'altro! Nuova storia da leggere con Vera!
È diventato un rituale pre nanna da quando lo abbiamo comprato. E ogni sera ci ricorda che la felicità a volte arriva, a volte scappa, a volte la si vede, altre si nasconde ma, soprattutto, comincia sempre e solo da noi stessi. "Tutti hanno bisogno di felicità nella vita ma questa può essere difficile da trovare e a volte lontanissima. Eppure c'è un posto dove si può sempre trovare la felicità ed è il posto dove dobbiamo ritornare" #evaeland #nordsudedizioni Prendermi cura delle storie delle persone è il mio lavoro. Negli anni ho sfogliato tanti libri che parlavano di cura e ancora lo faccio, sia per formazione professionale sia perché è sempre importante avere sguardi nuovi con cui guardare ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Potevo allora non leggere questo "Manifesto della cura", scritto dal collettivo The Care Collettive? "Di cosa parliamo quando parliamo di cura? Cosa vuol dire avere cura degli altri e chi sono questi altri? Come fare in modo che prendersi cura degli altri non sia solo un' attitudine individuale, da filantropi, ma un imperativo etico e una responsabilità politica?" Mica male come prime righe. Poche pagine ma densissime di contenuti, in cui più piani, da quello personale a quello politico, si intrecciano ... perché così è la realtà. Siamo dentro le relazioni, viviamo nelle relazioni, a tutti i livelli. "La consapevolezza della nostra dipendenza e interdipendenza dagli altri è il primo passo per rimettere la cura al centro dell'agenda politica e sociale" "Prendersi cura non può essere un processo individuale ma collettivo". Ed è proprio la presa di consapevolezza di quanto il sistema in cui siamo inseriti e le relazioni ci formino, di quanto ci costituiamo attraverso la relazione, che deve farci adottare la prospettiva di una cura che sia responsabilità collettiva. Il discorso su che cos'è "cura" viene amplificato: "Quando parliamo di cura non ci riferiamo soltanto alla cura in senso pratico, ovvero il lavoro svolto in prima persona da chi si occupa dei bisogni fisici ed emotivi altrui, per quanto questo resti un aspetto cruciale. La cura è anche una capacità sociale, un'attività che alimenta tutto ciò che è necessario al benessere e al nutrimento della vita". Ritorna una concezione di benessere che sia inclusivo di mente e corpo, di salute mentale, salute fisica e salute relazionale. "Cura universale significa che la cura in tutte le sue manifestazioni è la nostra priorità, non solo in ambito domestico, ma in ogni sfera, nei nostri legami più stretti, nelle nostre comunità fino ad arrivare agli stati e all'intero pianeta". Cosa può racchiudere un "piatto di lasagne speciali"?
In questo libro "Morti ma senza esagerare" di Fabio Bartolomei, la protagonista perde i genitori in un incidente stradale. Arriva la "mazzata", ovvero realizzare che non ci sono più, sentire il vuoto, ripensare a tutto ciò che si sarebbe potuto fare o dire. Così come imparare la ricetta delle lasagne speciali della mamma. Che prima sembrava una piccola cosa inutile mentre ora diventa il simbolo dei rimorsi e dell'assenza. Che non sono solo le lasagne in sé. Qui il cibo racchiude la relazione con la mamma, le emozioni, il tempo passato insieme, i ti voglio bene non detti e i difetti che fanno della persona quella che è, la paura di non ricordare, di perdere il ricordo della propria mamma, la paura del vuoto che lascia la perdita. Alla fine la protagonista scopre che il vuoto in realtà non è così vuoto. Che le persone che non ci sono più continuano a vivere se le ricordiamo, e che preparare le lasagne diventa un modo nuovo per continuare a sentire vicino la propria mamma. |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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