Come scrive Enrica Tesio sul suo blog, "a forza di voler cancellare un errore si fa il buco".
La paura di sbagliare spesso ci blocca. Eppure gli errori sono uno strumento indispensabile per imparare e per crescere. Gli errori non rappresentano solo qualcosa di sbagliato ma anche un’opportunità per sperimentare, per esplorare le varie possibilità ed individuare la decisione migliore. È dai tempi della scuola che siamo propensi a "cancellare gli errori": pensiamo che gli errori siano qualcosa da non fare, che causano punizioni e suscitano vergogna. Così, anche da adulti, ogni volta che sbagliamo scatta una sensazione di fallimento. Talvolta capita che prima ancora di fare un errore, ci sentiamo paralizzati dalla paura di sbagliare: temiamo non tanto – o non solo – le possibili conseguenze dell’errore, ma soprattutto il giudizio negativo degli altri, la derisione, il disprezzo. Se agire con prudenza è necessario per prevenire i rischi, demonizzare gli errori e lasciare che la paura di sbagliare ci blocchi è un rischio ancora più grande. Ci sono infatti situazioni in cui evitare di sbagliare è impossibile: quando ci troviamo ad agire in un contesto di grande incertezza, possiamo fare tutte le valutazioni del mondo ma non arriveremo mai a distinguere chiaramente fra errore e decisione corretta. Sbagliare fa infatti parte della natura umana, siamo esseri fallibili e dobbiamo abituarci a considerare gli errori una parte ineludibile della nostra esperienza di vita. Anzi, il nostro cervello si è evoluto per sbagliare. Una ricerca scientifica, pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience dimostra che impariamo più dagli errori che dai successi, poiché l’effetto sorpresa provocato dall’errore facilita e rinforza l’apprendimento. Così, quando ci troviamo di fronte a una situazione analoga, dal cervello parte un allarme: bastano 0,1 secondi per avvertirci che stiamo per sbagliare di nuovo, permettendoci di correggere il tiro. “Sbagliando si impara” non è solo un proverbio: il nostro cervello, da quando siamo venuti al mondo, è strutturato per fare errori e apprendere da essi. Basta vedere come un bambino impara a camminare o ad andare in bicicletta: riesce a trovare il giusto equilibrio solo dopo una serie di cadute e sbandamenti. Per imparare dagli errori è però importante anzitutto riconoscerli come tali. Chi non è in grado di vederli o di ammetterli, continuerà a ripeterli. Gli esempi che dimostrano quanto gli errori siano fonte di crescita e miglioramento sono innumerevoli. La scoperta dell’America è frutto di un errore: Cristoforo Colombo era convinto di arrivare nelle Indie. Leonardo Da Vinci ha conseguito obiettivi e realizzato capolavori anche grazie al fatto che ha collezionato moltissimi errori (le macchine per volare, tutte fallimentari, o la tecnica pittorica utilizzata per l’Ultima Cena, solo per fare un paio di esempi). E si dice che Thomas Edison abbia effettuato migliaia di esperimenti fallimentari prima di inventare la lampadina. Ma soprattutto, a ben vedere, frutto di una serie infinita di errori siamo anche noi esseri umani: ci siamo infatti evoluti grazie a mutazioni genetiche (cioè a errori nel processo di divisione cellulare) che, grazie la selezione naturale, sono sopravvissute perché vantaggiose. L’evoluzione stessa, cioè, è basata sugli errori. Allo stesso modo ciascuno di noi, nella propria esperienza di vita, cresce, si evolve e diventa quello che è attraverso gli errori che fa e ciò che impara da essi. Quante volte riceviamo il consiglio di fare le scale anziché prendere l’ascensore o la scala mobile? E quante volte non ascoltiamo questo consiglio? L’agenzia DDB di Stoccolma, sponsorizzata dalla Volkswagen Svezia, si è posta questa ed altre domande, partendo dal concetto che il divertimento è il modo più semplice per migliorare il comportamento delle persone e ha creato una campagna di marketing chiamata The Fun Theory. La campagna si fonda su una serie di esperimenti condotti in ambiente urbano in relazione ai quali vengono registrate le reazioni della gente. Nel video una scala della stazione della metropolitana Odenplan di Stoccolma è stata trasformata in un pianoforte gigante, ma sul sito dedicato sono presenti altri due video della campagna: in uno si vede la gente in un parco raccogliere da terra l’immondizia allo scopo di sentire il suono del bottino per rifiuti “più profondo del mondo” (in realtà si tratta di un dispositivo sonoro che si attiva con un sensore ogni volta che un rifiuto viene gettato nel bottino); nell’altro si mostra come un cassonetto per la raccolta differenziata del vetro, trasformato in un gioco Arcade, possa incentivare la raccolta stessa. A sentir loro, il divertimento “funziona”. Il 66% in più di persone usa le scale, il bottino sonoro raccoglie 72 kg di spazzatura contro i 41 di un bottino normale e il gioco Arcade richiama in una sola serata un centinaio di persone. E’ un bell’esempio di pensiero laterale e mostra come offrendo "pezzi" di bellezza, di meraviglia e divertimento inaspettato nelle operazioni di vita quotidiana, si possano efficacemente influenzare i comportamenti delle persone rendendo qualcosa divertente. L’idea che si possano influenzare le persone a fare delle “buone scelte” per sé, per l’ambiente o per la società, tuttavia non è nuova. Gli economisti comportamentali, di cui uno dei più famosi esponenti è lo psicologo Daniel Kahneman, vincitore del Nobel per l’economia 2002, da tempo hanno preso in considerazione il peso dell’irrazionalità nei processi decisionali umani. Essi affermano che l’homo economicus, teorizzato dagli economisti classici, dovrebbe essere qualcuno che, quando si confronta con una decisione, pensa a tutte le opzioni disponibili e compie sempre una scelta perfetta. Però, “l’homo economicus ha la potenza della mente di Albert Einstein, il magazzino di memoria del Big Blue di IBM e l’autocontrollo del Mahatma Gandhi.” Noi, tutti gli altri, siamo semplici homo sapiens, e quindi andiamo aiutati nei nostri processi decisionali. Uno dei primi esperimenti di Thaler fu condotto nei servizi igienici dell’aeroporto di Amsterdam. Una semplice mosca disegnata sull’orinatoio fece sì che la quantità di urina sul pavimento diminuisse dell’80%. Chi si occupa di favorire il processo decisionale verso la scelta giusta è definito un “architetto della scelta” e ha il compito di organizzare una struttura, spesso invisibile, in modo da aiutare l’homo sapiens a scegliere il meglio per sé e per la società. Questo approccio viene da loro definito “paternalismo libertario” e rappresenta una forma morbida e non intrusiva di intervento, in cui le scelte alternative non sono bloccate o negate e quindi non limita la libertà dell’individuo. Certamente nasce il timore che l’arte della persuasione possa essere spinta fino a diventare un’arma insidiosa (e già ne scrisse ampiamente Robert Cialdini), tuttavia imparare a usare a fin di bene l’irrazionalità umana sembra un approccio interessante. Anche perché risolvere un problema alla base è sempre meglio che cercare di rimediarvi dopo che si è creato. Tornando al concetto del divertimento e del gioco, sembra di poter dire che nella società occidentale attuale vi siano pochi spazi per queste attività e che vi sia una necessità di ristabilire l’equilibrio. Oggi il centro di gravità (cioè “il peso”) sta nel lavoro e non nel gioco o nella creatività, e spesso il lavoro richiede soltanto la partecipazione parziale dell’individuo. Il contrappeso dovrebbe comportare un coinvolgimento globale dell’individuo, e il gioco ha proprio questa caratteristica. Quindi ben vengano queste situazioni giocose in cui viene stimolato un coinvolgimento attivo e un’esperienza multisensoriale e che provocano emozioni e ricordi positivi. Sunstein C.R., Thaler R.H., Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness Yale University Press, New Haven (Ct) 2008; trad.it. Nudge. La spinta gentile, Feltrinelli, Milano 2009 Quando parliamo di pregiudizi intendiamo ogni serie di fantasie, idee, verità accettate, presentimenti, preconcetti, nozioni, ipotesi, modelli, teorie, sentimenti personali, stati d'animo e convinzioni nascoste: di fatto ogni pensiero preesistente che contribuisca, in un incontro con altri esseri umani, alla formazione del proprio punto di vista, delle proprie percezioni e delle proprie azioni (G. Cecchin) Non è possibile non avere pregiudizi: essi sono inevitabili e si manifestano attraverso il linguaggio e nel comportamento, proprio come si può osservare in questo video: E' l'anteprima del film "Non sposate le mie figlie" (Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu?), una simpatica commedia francese diretta da Philippe de Chauveron.
Attraverso la storia della famiglia Verneuil, il film riesce a mostrare come i valori e le credenze di un individuo influenzano i corrispettivi valori e credenze di un'altra persona. Questi, a loro volta, incontrano l'altra parte, creando a volte scontri e incompresioni ma anche soluzioni imprevedibili e creative. Essere consapevoli dei propri pregiudizi permette di rendere ogni incontro con l'altro un momento di confronto (e non di conflitto) e può creare così le condizioni per un cambiamento e un arricchimento reciproco. Qui il film completo: buona visione! |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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