Questo è stato il primo campeggio di Vera. A noi piace molto questo genere di vacanza, dormire in tenda, il contatto con la natura, stare sempre all'aperto. Un po'titubanti all'inizio, abbiamo poi scoperto con grande piacere che anche nostra figlia ha apprezzato! Ma, dopotutto, i figli stanno bene quando e dove i genitori stanno bene.
Ci siamo concessi risvegli all'alba ma lenti, con coccole e colazioni lunghe, qualche camminata nei boschi, ritmi dettati dal sorgere e tramontare del sole, programmi improvvisati, pasti frugali e tanta natura: colori, suoni, odori. Sono le cose che più mi fanno sentire in vacanza e che, più o meno inconsapevolmente, cerco di portare anche nella quotidianità di tutti i giorni. Non sempre è facile né fattibile, ma quando ci si riesce sembra che la vacanza continui.
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Tre cose che amo della città e che sono contenta mia figlia conosca:
- la sua vivibilità in questi giorni di agosto - andare al mercato e trovare persone di etnie diverse che comunicano in italiano ( non per nazionalismo ma perché è la dimostrazione che l'essere umano è un "animale sociale" e che la persona e la relazione contano più della provenienza geografica - sentire un ragazzo di origini straniere cantare "lasciatemi cantare con la chitarra in mano, lasciatemi cantare sono un italiano" ( perché dimostra che i confini geografici sono spesso solo un modo che abbiamo per difenderci dalle nostre paure) In queste giornate estive cerchiamo di inventarci sempre nuove cose da fare insieme a Vera. Oggi è stato il giorno dello "sgranare i fagioli". Piccoli gesti, certo, che mi fanno riflettere su quanto a volte ci si perda nei pensieri sul futuro (e non sempre sono preoccupazioni) e, con la testa già al domani, si perda anche il piacere dell'oggi. A me capita spessissimo di immaginare il futuro, le cose che mi piacerebbe fare, come sarà mia figlia "grande", il prossimo posto in cui andremo a vivere e a volte fantastico così tanto che vorrei fosse già qui quel futuro. Ma così facendo, non riesco a stare nel presente, a godermi ciò che accade ogni giorno, seppur piccolo. Allora mi sono ripromessa, per almeno queste vacanze, di pensare solo ad oggi...a quell'oggi che era proprio il domani che immaginavo ieri!
Vera sta iniziando a sperimentare le prime frustrazioni. I nostri "NO", ad esempio, vengono spesso accolti con pianti, gesti nervosi, lamentele, a volte morsi e pizzicotti. A volte dura di più, e necessita di un nostro intervento, a volte invece basta molto poco perché le torni il sorriso. Tutto nella norma, insomma! Oggi al parco ci siamo divertite a soffiare via l'infruttescenza di qualche soffione. Ha voluto raccoglierne un paio ma, muovi di qui e muovi di lì, e presto si è ritrovata con i soli steli in mano. E questo ha generato in lei una reazione diversa: un misto di tristezza e rabbia, forse potrei azzardare a dire delusione. Tutto ciò mi ha fatto pensare a noi adulti e alle situazioni che ci capita di vivere. A volte vorremmo che gli altri non ci dicessero i loro "no", che si comportassero come è nei nostri desideri, a volte siamo noi, coi nostri movimenti, a disattendere le nostre stesse aspettative. A volte ancora ci si mette di mezzo un colpo di aria improvvisa, a cambiare i nostri piani e a costringerci a prendere una rotta diversa. A voi è mai capitato? E come avete reagito? Siamo sempre capaci di distinguere ciò che possiamo controllare e quindi cambiare da ciò che non lo è? Proviamoci insieme!
Questa foto risale a qualche mese fa, quando ancora allattavo mia figlia di giorno e la lasciavo dormire in braccio di tanto in tanto. Non l'ho messa per parlare di allattamento, ma per condividere con voi ciò che ogni cambiamento porta con sé. Dopo circa un anno infatti, ho iniziato a sentire il peso di allattare a richiesta mia figlia. Ero affaticata, nervosa, stanca di dover ogni volta concedermi. Più e più volte mi sono detta "Ora basta, si cambia" e puntualmente ogni volta tornavo sui miei passi... Perché? Forse per abitudine, per paura di dover gestire i suoi pianti, forse perché, in fondo, era un momento tutto nostro, l' unica coccola che mia figlia mi chiedeva e a me piaceva da matti averla in braccio tutta per me. Capita così: che alcune situazioni che vorremmo cambiare, nascondono anche, paradossalmente, dei "vantaggi". Ci ho messo altri sei mesi per decidere davvero di fare il cambiamento. Sei mesi in cui si sono altalenati diversi stati d'animo. Alla fine, il primo giorno senza allattamento, è stato faticoso ma meno del previsto. E sapete cosa è successo? Che il cambiamento ha fatto bene ad entrambe. La mia stanchezza se ne è andata e insieme siamo riuscite a trovare altri modi per godere del tempo insieme, accoccolate e vicine. A volte i cambiamenti sono difficili, ci dobbiamo concedere il tempo di prepararci e capire come possiamo portare nel nuovo le cose " vecchie" che ci fanno stare bene. A tutti sarà capitato almeno una volta di sentire la famosa "barzelletta delle uova" con cui si conclude il film di Woody Allen "Io e Annie":
Frattanto si era fatto tardi e tutt'e due dovevamo andare per i fatti nostri. Ma era stato molto bello, rivedere ancora Annie, dico bene? Mi resi conto di quanto era in gamba stupenda e, sì, era un piacere... solo averla conosciuta... e allora io penso a quella vecchia barzelletta, sapete, quella dove uno va da uno psichiatra e dice: Dottore, mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina. E il dottore gli dice: Perché non lo interna? E quello risponde: E poi a me le uova chi me le fa? Il significato che il regista dà alla barzelletta arriva subito dopo, quando l'attore spiega che "Beh, credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo /donna: e cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.". Parlandone con una persona durante un colloquio, abbiamo cercato di trovare altre chiavi di lettura della barzelletta. Abbiamo provato a rileggerla, complice anche il momento di emergenza e di isolamento che stiamo vivendo, pensando al cambiamento e alle emozioni ad esso correlato. Le situazioni che si vivono, così come non piacciono e fanno stare male (preoccupazione per il fratello-gallina), contengono a volte anche dei vantaggi (ho sempre le uova fresche). Ed è per questo che è così difficile cambiare. Quante volte infatti ci lamentiamo per il lavoro, ma è difficile lasciarlo per uno nuovo? Quante volte continuiamo ad intessere le relazioni con persone che non ci fanno stare bene ma diventa faticoso allontanarsene? Quante volte ci proponiamo dei buoni propositi che poi non riusciamo a mettere in pratica? Forse, senza rendercene conto, la situazione nasconde dei vantaggi o soddisfa alcuni bisogni latenti e necessari. Se doveste pensare ad una situazione che vorreste modificare e allo stesso tempo trovate difficile cambiare, quali potrebbero essere i bisogni nascosti che invece riesce a soddisfare? E che lettura diversa dareste a questa barzelletta? |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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