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IL PARADOSSO DEL CAMBIAMENTO

8/2/2020

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Questa foto risale a qualche mese fa, quando ancora allattavo mia figlia di giorno e la lasciavo dormire in braccio di tanto in tanto. Non l'ho messa per parlare di allattamento, ma per condividere con voi ciò che ogni cambiamento porta con sé. Dopo circa un anno infatti, ho iniziato a sentire il peso di allattare a richiesta mia figlia. Ero affaticata, nervosa, stanca di dover ogni volta concedermi. Più e più volte mi sono detta "Ora basta, si cambia" e puntualmente ogni volta tornavo sui miei passi... Perché? Forse per abitudine, per paura di dover gestire i suoi pianti, forse perché, in fondo, era un momento tutto nostro, l' unica coccola che mia figlia mi chiedeva e a me piaceva da matti averla in braccio tutta per me. Capita così: che alcune situazioni che vorremmo cambiare, nascondono anche, paradossalmente, dei "vantaggi". Ci ho messo altri sei mesi per decidere davvero di fare il cambiamento. Sei mesi in cui si sono altalenati diversi stati d'animo. Alla fine, il primo giorno senza allattamento, è stato faticoso ma meno del previsto. E sapete cosa è successo? Che il cambiamento ha fatto bene ad entrambe. La mia stanchezza se ne è andata e insieme siamo riuscite a trovare altri modi per godere del tempo insieme, accoccolate e vicine. A volte i cambiamenti sono difficili, ci dobbiamo concedere il tempo di prepararci e capire come possiamo portare nel nuovo le cose " vecchie" che ci fanno stare bene.
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A tutti sarà capitato almeno una volta di sentire la famosa "barzelletta delle uova" con cui si conclude il film di Woody Allen "Io e Annie":

Frattanto si era fatto tardi e tutt'e due dovevamo andare per i fatti nostri. Ma era stato molto bello, rivedere ancora Annie, dico bene? Mi resi conto di quanto era in gamba stupenda e, sì, era un piacere... solo averla conosciuta... e allora io penso a quella vecchia barzelletta, sapete, quella dove uno va da uno psichiatra e dice: Dottore, mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina. E il dottore gli dice: Perché non lo interna? E quello risponde: E poi a me le uova chi me le fa?

Il significato che il regista dà alla barzelletta arriva subito dopo, quando l'attore spiega che "Beh, credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo /donna: e cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi... Ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.".

Parlandone con una persona durante un colloquio, abbiamo cercato di trovare altre chiavi di lettura della barzelletta. Abbiamo provato a rileggerla, complice anche il momento di emergenza e di isolamento che stiamo vivendo, pensando al cambiamento e alle emozioni ad esso correlato.

Le situazioni che si vivono, così come non piacciono e fanno stare male (preoccupazione per il fratello-gallina), contengono a volte anche dei vantaggi (ho sempre le uova fresche). Ed è per questo che è così difficile cambiare. Quante volte infatti ci lamentiamo per il lavoro, ma è difficile lasciarlo per uno nuovo? Quante volte continuiamo ad intessere le relazioni con persone che non ci fanno stare bene ma diventa faticoso allontanarsene? Quante volte ci proponiamo dei buoni propositi che poi non riusciamo a mettere in pratica? Forse, senza rendercene conto, la situazione nasconde dei vantaggi o soddisfa alcuni bisogni latenti e necessari.

Se doveste pensare ad una situazione che vorreste modificare e allo stesso tempo trovate difficile cambiare, quali potrebbero essere i bisogni nascosti che invece riesce a soddisfare?

E che lettura diversa dareste a questa barzelletta?
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