Abbiamo sfruttato l'occasione per fare una camminata in montagna e goderci questo primo accenno di primavera. Cielo un po'fosco ma tanto caldo a ricordarci che ormai l'inverno sta finendo. Vera ha camminato tanto, zompettando sulle sue gambine, a tratti prudente, a tratti spavalda. E quanto mi è piaciuto stare con lei mano nella mano tra la natura, mentre raccoglieva sassi, ghiande, foglie secche. Lei raccoglie sempre tutto e tutto finisce nelle tasche, da svuotare poi a casa. O da custodire fino alla prossima volta in cui metterà la sua manina dentro ed estrarrà sorpresa e contenta un ricordo del tempo passato insieme.
📝 Psicoesercizio Che ricordo vorreste estrarre oggi dalle vostre tasche, per scaldarvi in questo primo sole quasi-primaverile?
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Fino a pochi anni fa non mi piaceva proprio il mese di novembre: senza più l'aria frizzante che annuncia l'autunno di ottobre e senza ancora l'atmosfera natalizia che accompagna dicembre. Inizia il freddo, le giornate sono più corte, si è nel pieno degli impegni lavorativi e scolastici. È anche il mese in cui ho perso mio papà, diciamo che non è mai stato per me un mese "simpatico". Eppure da qualche tempo l'ho rivalutato. È diventato il mio mese "malinconico": colori così intensi come forse in nessun altro momento dell'anno, come ricordi ancora vividi, che si stagliano su un cielo spesso nebbioso ed opaco (soprattutto qui in città al mattino), come un velo di tristezza per qualcosa o qualcuno che non c'è più. Il termine melanconia arriva dal greco "bile nera". La malinconia non è una tristezza qualsiasi: come scriveva Victor Hugo, "la malinconia è la felicità d'essere tristi", una tristezza dal sorriso mesto, densa di riflessioni ben capaci di arricchire. E se dietro ogni emozione c'è un nostro bisogno, ecco che ho trovato il mio.
Ci sono delle volte in cui un odore, una percezione, un'atmosfera, mi riportano velocemente a qualche ricordo del passato. Quando sento profumo di zucchero a velo, quando vedo la luce farsi spazio tra i rami degli alberi ed entrare dalle finestre di casa, quando il vento regala una tregua ai pomeriggi silenziosi ed afosi. Solitamente sono ricordi piacevoli, della mia infanzia o anche più recenti, che mi lasciano un dolce sensazione di benessere. Mi domando cosa mia figlia ricorderà di queste calde giornate estive passate insieme a giocare. Forse è ancora troppo piccola, o forse, quando vedrà il sole passare attraverso la tenda di un balcone e sentirà il fresco dell'acqua sui piedi, le torneranno vive le immagini di noi due insieme. E spero ne sia felice. Ogni giorno possiamo domandarci che ricordi vogliamo che i nostri figli serbino di noi, perché saranno proprio questi a contribuire a renderli felici da grandi. Succede anche a voi? Cosa vi riattiva dei ricordi piacevoli? Fai Nel percorso terapeutico, le persone affidano i propri ricordi, soprattutto quelli più significativi e/o dolorosi, allo psicologo.
Alcune persone continuano a soffrire per un evento anche a distanza di moltissimo tempo dall’evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni ed emozioni negative e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente. Altre volte si preferisce chiudere i ricordi dietro una porta, sperando di non soffrire più, ma loro continuano a bussare. Quando le esperienze passate interferiscono in modo da produrre malessere nel presente e in ottica futura, lo psicologo accompagna la persona ad affrontare i ricordi non elaborati, che possono dare origine a molte disfunzioni. Di cosa abbiamo bisogno quando viviamo un’esperienza dolorosamente ?. Io ricordo. E la memoria è un sollievo per il mio essere in trasformazione. I ricordi raccontano di me e di quello che ero. A volte, quando chiudo gli occhi e sogno, raccontano anche di quello che sarò. La memoria puo’ essere paragonata a un enorme magazzino all’interno del quale l’individuo conserva tracce della propria esperienza passata. Ma non è un archivio statico e passivo, bensì un costruttore attivo di rappresentazioni sul mondo. Questo significa che le esperienze che viviamo e che conserviamo in memoria hanno una influenza sul nostro modo di pensare e di agire. Inoltre i ricordi sono costituiti anche da vissuti emozionali, che a loro volta hanno un impatto profondo con ciò che proviamo nel presente.
Nel percorso terapeutico, le persone affidano i propri ricordi, soprattutto quelli più significativi e/o dolorosi, allo psicologo. Alcune persone continuano a soffrire per un evento anche a distanza di moltissimo tempo dall’evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni ed emozioni negative e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente dal punto di vista lavorativo e relazionale. In questi casi, quindi, il passato è presente. Altre volte si preferisce chiudere i ricordi dietro una porta, sperando di non soffrire più, ma loro continuano a bussare. Quando le esperienze passate interferiscono in modo da produrre malessere nel presente e in ottica futura, lo psicologo accompagna la persona ad affrontare i ricordi non elaborati, che possono dare origine a molte disfunzioni. Di cosa abbiamo bisogno quando viviamo un’esperienza dolorosa? Avere una persona con cui parlare dei propri pensieri e sentimenti. È importante infatti considerare il fatto di aver bisogno di un aiuto di una persona di fiducia per superare il momento. Cercare di mantenere la routine quotidiana, anche se le nostre capacità potrebbero risentirne. Essere consapevoli che, anche se le reazioni e le emozioni sono forti, questo è normale. Può essere un lavoro terapeutico lungo, faticoso e doloroso. Occorre quindi concedersi il tempo necessario per trovare le risorse giuste e dare nuovi significati ai propri ricordi. |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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