Io sono una da foto facile: mi piace fotografare (senza nessuna pretesa professionale) tutto e subito, e in questo la tecnologia mi ha reso le cose più facili, anche se poi i risultati non sono sempre come vorrei (a volte ho davvero l'impressione che l'occhio umano riesca a cogliere e a dare quella sfumatura che un obiettivo non potrà mai).
Il mio compagno invece è un tipo da foto lente. Usa ancora una macchina fotografica con rullini, le sue foto sono pensate, attese, preparate e calibrate a seconda di luce, lontananza, effetto da creare. Questa differenza dice tanto di noi, di come viviamo certe situazioni della vita, della coppia e anche della genitorialità. Mi piace pensare che ci si compensi, che ci servano sia le mie foto sia le sue, anche e soprattutto quando si ritrae la stessa cosa.
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Nasce un figlio, una figlia e nascono anche due genitori.
Nei mesi precedenti la nascita, si immagina tanto e forse tutto! Come sarà, come saremo noi, cosa farà, cosa faremo. E intorno, tanta magia, buoni propositi, solo "cose belle". Dopo la nascita ci si scontra con le prime difficoltà (magari qualcosa che non avevamo contemplato) e ritrovare quelle immagini così positive che avevano accompagnato la gravidanza può essere complicato. Vogliamo rassicurare le neo mamme e i neo papà che va bene così. Che fa tutto parte del gioco! Che si impara strada facendo e che non c'è un giusto o uno sbagliato. Il vero metro di misura restiamo sempre noi, il nostro benessere come individui e come famiglia, e... i nostri sorrisi! Insieme a Anna Gigliarano e Valentina Rocchio vogliamo RICORDATI CHE: I genitori sono sempre ben felici quando i figli hanno una vita sociale positiva. Fin da piccoli ci preoccupiamo che giochino con gli altri, che interagiscano, che socializzino. E, per forza di cose, ci capitano spesso situazioni in cui scoppia un litigio, i bambini si spingono, si rubano i giochi, alzano le mani. A volte non sappiamo bene come intervenire, se andare in soccorso o lasciare che se la sbrighino da soli.
Prima di porci questa domanda sul "cosa fare", proviamo a soffermarci sullo sviluppo del bambino. A due anni il bambino agisce per SANO "egoismo":tutto è suo! Sta scoprendo il mondo e non ammette intralci. Ha appena imparato che non è più un tutt'uno con la mamma, ma che è un esserino dotato di libertà di azione. I suoi NO, le sue prese di posizioni che a noi sembrano capricci, i suoi MIO, sono tutti modi per sperimentare questa grande scoperta: sono IO! Ovviamente ciò si riscontra anche e soprattutto nell'interazione con i pari. I giochi diventano suoi, vengono strappati di mano, a volte l'altro viene picchiato. Non c'è nulla di strano o anormale. E' solo dai 4 anni infatti che il bambino inizia a comprendere i meccanismi della relazione, che con gli altri ci si può anche divertire! Le interazioni, proprio tramite il gioco diventano sempre più complesse e profonde. Più sta con gli altri più impara a ...stare con gli altri! Ma allora che si può fare? Possiamo iniziare a fargli notare che esiste un altro diverso da sè, provare a spiegare che lo strappare, lo strattonare, lo spingere fanno male all'altro bambino e lo rendono triste. Già da piccoli possiamo insegnargli ad usare PAROLE IMPORTANTI COME GRAZIE, SCUSA, PER PIACERE...(ricordiamoci sempre che noi siamo la sua prima fonte di apprendimento, quindi usiamole prima noi in quante più occasioni possibili, anche con lui!) La punizione per il suo comportamento "socialmente sbagliato" non ha grande utilità, perché il bambino sta imparando e non ha ancora pienamente sviluppato tutte le capacità che gli permettono di comprendere appieno. Quando mettete i bambini piccoli in castigo e loro "non ascoltano, provocano", beh, è perché non hanno compreso. Ciò non vuole dire che non ci debbano essere regole, anzi! Poche e fondamentali. Verso i sei anni, i bambini sviluppano ancora di più la consapevolezza di chi sono e del fatto che possono entrare in relazione con gli altri. Aumentano sentimenti di imbarazzo, vergogna, colpa e timore, ma anche di rabbia, frustrazione e impotenza. A questa età i bambini però iniziano a comprendere ciò che è bene e ciò che è male. Quindi diventa molto importante aiutarli nel prendere sempre più consapevolezza delle loro emozioni (che bel gioco!), dei loro desideri (lo vorrei per giocare) e di come raggiungerli senza far male all'altro (posso chiedere di giocare insieme o di prestarmelo per un po'). Continuare ad insegnare le regole dello star bene insieme: come si fa per chiedere un gioco, come perdonare, chiedere scusa, come chiedere che venga ridato un gioco preso senza permesso, fare a turno etc. Quando vediamo dei comportamenti aggressivi, è sempre meglio riflettere insieme, capire cosa è successo, come si sta, parlare, aiutare a chiedere scusa piuttosto che dare una punizione, col rischio che non ne vengano compresi i motivi. Dietro uno spintone o un calcio, c'è la rabbia e dietro la rabbia...un bisogno a cui non sanno ancora dare voce. Supportiamoli sempre, ricordiamoci che stanno imparando! Se insegniamo come gestire un conflitto in modo positivo, possiamo successivamente provare a lasciare che siano loro a cavarsela da sé e vedere come va. Non dimentichiamoci che loro sanno essere molto più creativi di noi nel risolvere situazioni problematiche. Verso i 12 anni, si intensifica il bisogno di definire i propri confini personali, questa volta per trovare una propria identità, che sia staccata da quella dei genitori. Il "gruppo" diventa un fattore chiave nella vita di un dodicenne. Si gioca, si sta insieme, si cresce! Lo sviluppo cognitivo è tale da permettere al ragazzo di comprendere quali sono i valori sociali e prendersi la responsabilità degli effetti delle sue azioni. L'intervento dell'adulto deve essere mirato ad aiutare a comprendere quali bisogni sono stati calpestati, che emozioni sono in gioco. Aiutare nel trovare modalità di interazione che siano rispettose per tutti quanti. Far riconoscere che la propria libertà (legittima!) ha dei limiti e che si può causare intenzionalmente un danno. provare a far mettere nei panni dell'altro. Parlare, confrontarsi, discutere! La punizione (calibrata a ciò che è stato fatto e all'età) può essere applicata quando la regola, prima condivisa con l'adulto, viene poi infranta intenzionalmente. Occorre poi essere ben consapevoli che dietro l'aggressività (ripetuta e costante) di un ragazzino può celarsi però un vero malessere e, come adulti, abbiamo il dovere di prendercene cura. Mamma, mi fai? Mamma mi aiuti? Mamma mi guardi? Mamma? Maammaaaa?
Uh, quante volte ci sentiamo chiamare in una giornata dai nostri figli! Ogni mamma conosce bene questa sensazione! I piccoli, come scrive la psicomotricista Valentina Rocchio, hanno bisogno della mamma (e del suo tempo) per soddisfare i propri bisogni. Quando diventiamo genitori mettiamo da parte i nostri bisogni individuali per dare spazio a quelli dei figli. Questa sensazione può fare piacere, innervosire, stancare, a seconda di tanti fattori. Ogni tanto vorremmo staccare la spina, ci sembra di non avere più energie, neppure dieci minuti al giorno per noi stesse. La psicologa Anna Gigliarano evidenzia bene come i bisogni dei figli possano influenzare quelli dei genitori e viceversa! Ecco che allora nella quotidianità diventa difficile ... Io non ho ricette magiche, né risposte o suggerimenti pratici su come gestire il vostro tempo (siete bravissimi da soli!) Mi piacerebbe però lanciarvi delle domande : Come mai e quando avete deciso che il tempo per voi poteva farsi da parte? Come mai e quando avete deciso che tutto il tempo, anche quello immaginato, quello potenziale, va dedicato ai figli? Che mamme e papà vi sentireste ad usare del tempo per voi e non per i vostri figli? Cosa cambierebbe in NOI e intorno a noi se dedicassimo un'ora, due ore, a noi e solo noi stessi? Da maggio, inaugureremo la "Rubrica del giovedì"! Sarà uno spazio dedicato alle famiglie (di ogni tipo!), ai genitori, ai figli, per parlare di tutto ciò che riguarda il crescere insieme.
Affronteremo varie tematiche, risponderemo alle vostre domande e cercheremo di confrontarci per far nascere spunti di riflessione e nuovi punti di vista! Non sarà una rubrica per soli genitori di figli piccoli ma ci piacerebbe che prendessero parola anche i genitori e i figli più "grandi"! Chi siamo? Oltre a me, ci sarà @annagigliarano_psicologa e @valentina_rocchio psicomotricista Saremo attive su Instagram ma potete lasciare commenti e domande anche qui! Non capirsi e litigare, capita a tutti, grandi e piccini. A volte le incomprensioni nascono perché i messaggi che inviamo e che riceviamo non sono chiari, vengono fraintesi.
Ho pensato allora ad una "to do list" di cose da fare prima di iniziare un litigio! 1) Sono sicuro che siamo entrambi concentrati sulla comunicazione che stiamo avendo? Stiamo facendo qualcosa che potrebbe distrarci da un ascolto attento? Prendiamoci il tempo e le energie giuste per parlare ed ascoltare! 2) Ho usato parole chiare, frasi complete, senza lasciare troppe deduzioni per dire quello che ho in mente? Posso dire la stessa cosa in modo da renderla più comprensibile per l'altro? Posso essere sufficientemente sicuro che l'altro abbia compreso? 3) Sono sicuro di quello che ho ascoltato? Ho bisogno di fare domande per chiarire e comprendere bene ciò che l'altro mi sta dicendo? 4)Ho prestato attenzione al tono della mia voce, a quella dell'altro, alle nostre posture, i nostri gesti, le nostre espressioni del viso? 5) Che emozione sento dentro di me? Come mi fa stare dire quello che penso e ascoltare l'altro? 6) Sono consapevole di qual è la mia intenzione, il mio bisogno, la mia richiesta? Se invece siete già dentro ad un litigio... vi rimando al post Litigi? Sì, grazie! dove troverete un breve vademecum per litigare meglio! Il papà sta sistemando il bucato ormai asciutto, Vera gli gironzola intorno desiderosa di aiutare e così il papà le dice "Vera, mi porti le altre magliette lavate?". Vera corre dritta verso la lavatrice ma ... è vuota! "Oh oh" commenta lei, alzando le manine con un'aria davvero sconfortata. Allora le spiego che il papà chiedeva le magliette sì lavate ma ormai asciutte, quelle sullo stendino. Ecco che allora ritrova il sorriso e saltella verso il papà con il suo bottino.
Se ci fossimo fermati un attimo prima, se non avessimo capito il malinteso e non avessimo spiegato meglio, se non fosse successo tra un papà e una figlia di due anni, ma tra due coetanei...cosa sarebbe potuto succedere? Magari il papà avrebbe potuto ripetere la sua richiesta, magari sarebbe arrivata l'irritazione (ma possibile che non capisce, che non MI capisce?) e la bambina si sarebbe potuta sentire a disagio, poco capace (come mai il papà si sta arrabbiando per qualcosa che non c'è?). Proviamo davvero a pensare quante volte una parola detta con una intenzione sia percepita in un modo diverso! E alle conseguenze che spesso sfociano in un litigio ( ti avevo detto, non hai fatto, non mi hai detto, non hai capito etc etc). Nella comunicazione c'è sempre una percentuale di errore nell'invio e nella ricezione del messaggio. Ecco perché, prima di dare vita ad un litigio, occorre fermarsi e provate a capirsi meglio! Sì sente spesso parlare delle conseguenze del poco amore e delle trascuratezza sui figli...
Ma quando l'amore è troppo? Sembra difficile pensare che troppo amore possa avere qualche ripercussione negativa. Preciso che con troppo amore non intendo le coccole a profusione, i "ti voglio bene" ripetuti all'infinito, il rispondere ai bisogni emotivi quando emergono. Questi sono fondamentali. Con "troppo amore" intendo tutte quelle azioni che noi genitori compiamo con l'intento di vedere i nostri figli felici ma che alla lunga sono controproducenti. Ad esempio, quando li proteggiamo troppo e preveniamo la loro sofferenza, impedendo loro di fare delle esperienze (ovviamente calibrate all'età) poco piacevoli ma costruttive. Magari interveniamo subito nei litigi, senza lasciare che provino a cavarsela da soli. Con i bambini più grandicelli, magari fatichiamo a lasciare che facciano qualcosa di gestibile da soli fuori casa. Alla lunga, per evitare che soffrano o si facciano male, non permettiamo loro di imparare a riconoscere e gestire la loro sofferenza, i momenti critici, gli sbagli. La prima volta che non saremo lì con loro, non sapranno che fare e ... soffriranno. A volte non diamo regole, per non vederli piangere e qui vi rimando al post di Valentina Rocchio che recentemente ha parlato del perché è importante dare regole. E quante volte rispondiamo subito ai loro bisogni materiali (giochi soprattutto!). I giochi sono importantissimi, come lo è insegnare che esistono priorità ("Compriamo i pennarelli perché finiti ma non il peluche perché ne hai già due" oppure "compriamo solo un gioco nuovo, non tre alla volta"). Questo aiuta a gestire la frustrazione, a saper attendere, a posticipare quello che sembra un bisogno ma in realtà è un bel desiderio, a capire che possiamo essere attivi nel fare avverare un nostro sogno ("ogni giorno metto da parte una monetina, mi impegno nel fare qualcosa in casa" ovviamente, ripeto, tutto adeguato all'eta e alle capacità dei bambini). Troppo amore è anche quando non riusciamo più a trovare tempo per noi, per la coppia, per le cose che ci appassionano e ci piacciono, anche quando questo tempo ci potrebbe essere. È importante ricordarsi di essere prima donne e uomini e poi mamme e papà, altrimenti rischiamo di dare ai nostri figli la grande responsabilità di renderci felici, mentre siamo noi a dover ricercare la nostra felicità, per poterlo insegnare a loro. 📝 Psicoesercizio La domanda che vorrei porvi per riflettere tutti insieme è "Perché abbiamo bisogno NOI genitori di dare troppo amore? Cosa succede a NOI se non diamo troppo amore? Abbiamo sfruttato l'occasione per fare una camminata in montagna e goderci questo primo accenno di primavera. Cielo un po'fosco ma tanto caldo a ricordarci che ormai l'inverno sta finendo. Vera ha camminato tanto, zompettando sulle sue gambine, a tratti prudente, a tratti spavalda. E quanto mi è piaciuto stare con lei mano nella mano tra la natura, mentre raccoglieva sassi, ghiande, foglie secche. Lei raccoglie sempre tutto e tutto finisce nelle tasche, da svuotare poi a casa. O da custodire fino alla prossima volta in cui metterà la sua manina dentro ed estrarrà sorpresa e contenta un ricordo del tempo passato insieme.
📝 Psicoesercizio Che ricordo vorreste estrarre oggi dalle vostre tasche, per scaldarvi in questo primo sole quasi-primaverile? Quando si parla di emozioni niente è facile. Ancora più difficile parlare di emozioni ai bambini : come si fa? Cosa bisogna dire? Capiranno? Non è che poi stanno peggio? Sono tutti dubbi che i genitori hanno e spesso la conseguenza di questi timori, è che si evita di parlare di ciò che si prova, lasciando i bambini soli con le loro emozioni e senza ancora competenze per gestirle né strumenti per poter capire cosa sta succedendo loro. Questa situazione di emergenza ci ha poi messi tutti a fare i conti con le nostre paure, le nostre rabbie, le nostre tristezze ... come noi, così anche i nostri figli. Con la collega dott.ssa @annagigliarano_psicologa, abbiamo quindi creato questo gioco per bambini, in cui, attraverso un percorso, vi accompagniamo a riconoscere le differenti sfumature di emozioni che i vostri figli possono provare in questo periodo, nominarle, ascoltare i cambiamenti del corpo ed infine allenarsi a gestirle in modo efficace. Ricordando che più si diventa consapevoli delle proprie emozioni, più si è in grado di farvi fronte, per non lasciarsi sopraffare da esse ma viverle! Buon divertimento |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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