Spesso le vacanze vengono descritte come quel periodo per ricaricare le energie, per staccare la spina, per riposare e divertirsi (quasi un dogma).
So bene che i ritmi della nostra società permettono ben poche altre alternative e che per molti le vacanze non ci sono nemmeno. Penso che a volte staccare è impossibile o difficile, che divertirsi non dovrebbe diventare un dovere o un piacere di pochi giorni, che non ci si dovrebbe spremere ed esaurire le energie durante i mesi precedenti come fossimo macchine da poter ricaricare, ma si dovrebbe avere il diritto di rispettare i propri tempi ed i propri bisogni, compatibilmente con i tempi dei nostri doveri. Sento già delle voci arrivare: a volte non c'è altra scelta, e lo riconosco. Alcune volte le scelte che non ci fanno stare bene sono le uniche che ci sembrano abbiano un senso. Ci sono dei cambiamenti ideali che dovrebbero arrivare dall'alto (penso ai ritmi e alle condizioni lavorative) ma, come sempre, si può solo modificare ciò che è nelle nostre mani. Allora mi sono scritta un promemoria per il mese di agosto, che vorrei portarmi dietro anche i prossimi mesi. Perché non vorrei aspettare tutto l'anno le vacanze come unico periodo felice (che poi tutte queste aspettative che sapore lasciano?), ma vorrei che ogni mese fosse un po' "vacanziero" a suo modo. Lo condivido anche con voi: che ne pensate?
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Oggi in spiaggia ho sentito un papà dire al proprio figlio "Avresti dovuto usare la testa!". Non ho visto tutta la scena, immagino si riferisse a qualcosa che il bambino aveva combinato e che non avrà avuto un esito diciamo positivo! Ma non è strettamente sulla parte educativa che vorrei soffermarmi.
Subito mi è venuto spontaneo pensare "va bene la testa, e il cuore? Dove lo mettiamo?" Siamo spesso abituati a distinguere razionalità ed emotività, testa e cuore, spesso connotandoli positivamente/negativamente. E quando si fa qualcosa di istinto, motivato dalle nostre passioni, e va "male", ci diciamo che avremmo dovuto soppesare di più la nostra scelta, come se ciò che proviamo non fosse stato legittimo. Dimentichiamo che siamo noi nella nostra interezza a fare le cose come le facciamo, e che testa e cuore sono collegati (fortunatamente) da un filo preziosissimo. Tu senti che nelle scelte che fai parla di più il cuore o la testa? Chi ama curare fiori e piante sa che ognuna ha bisogno di attenzioni particolari: il tipo di terreno, l'esposizione alla luce, la necessità di acqua. Se si sbaglia qualcosa, le piante sanno farsi capire: foglie secche o gialle, niente fiori, rami spogli.
A volte ci vogliono un po' di tentativi prima di riuscire a trovare la formula perfetta affinché una pianta possa rifiorire di nuovo in pienezza. La stessa cosa possiamo fare con noi stessi : quando sentiamo che le condizioni in cui viviamo non ci fanno stare bene ( siano esse le relazioni, il lavoro, o altri ambiti) possiamo provare a cambiare qualcosa. Il primo passo è osservare e ascoltare ciò che il nostro corpo comunica ( come tensione, dolori, insonnia ...) e cercare di individuare quali bisogni sentiamo non essere ancora soddisfatti. Cosa possiamo cambiare affinché si ritorni a fiorire? Come possiamo prenderci cura di noi stessi? Oggi, nelle storie, vi proponiamo questo ultimo "ingrediente" , la cura di sé, importante per la nostra crescita! @annagigliarano_psicologa @valentina_rocchio Vi lascio altri spunti qui Le stagioni passano, quelle della natura e quelle della vita. Il tempo è forse l'unica certezza che abbiamo. Sappiamo che arriverà un nuovo giorno e, dopo quello, un altro ancora. E questo indipendentemente da ciò che noi facciamo, da quello che fanno gli altri, dal fatto di esserci ancora o di non esserci più.
In passato non vedevo l'ora della primavera e dell'estate, ora cerco di godermi ogni stagione ... Così ci provo anche nella vita, sapendo che questo momento che sto vivendo, con queste stesse caratteristiche, non tornerà più. Magari tornerà una stagione simile, ma mai identica all'altra, come io non sarò sempre la stessa. Che ne pensate? In che stagione vi sentite? Vi piace? Vorreste cambiarla? "Non ho autostima", "ho l'autostima bassa", "come posso migliorare la mia autostima?": sono tutte frasi che sento spesso in terapia.
Ma cos'è l'autostima in fin dei conti? E perché è importante? Con @annagigliarano_psicologa e @valentina_rocchio psicomotricista, abbiamo deciso di dedicare gli incontri estivi della nostra Rubrica del giovedì proprio per parlare di questo tema. Oggi, nelle storie, iniziamo con un primo "ingrediente" importante per la nostra crescita, ovvero la fiducia in sé. La fiducia in sé è la consapevolezza di avere delle capacità, è sapere di essere in grado di fare delle cose! Perché è importante? Perché sapere quali sono le nostre capacità è un po'come mettere un mattoncino sopra l 'altro nella costruzione della nostra "casa". "Ah, ma io non ho capacità"! Sento qualcuno obiettare. E allora vi propongo questo psicoesercizio 📝 Pensate a tre vostri successi, qualcosa che avete raggiunto, qualche obiettivo, qualche traguardo... Cosa vi ha permesso di arrivare lì? Quali risorse avete messo in gioco per raggiungere quell'obiettivo? Da genitori è importantissimo favorire la fiducia di sé nei nostri figli. E allora aiutiamoli a riconoscere di avere delle capacità, rinforzando qualche cosa che hanno saputo fare! Nelle storie di oggi trovate condivisi tanti esempi concreti...grandi e piccini! Andate a curiosare e a condividere la vostra! Buona lettura! Prendermi cura delle storie delle persone è il mio lavoro. Negli anni ho sfogliato tanti libri che parlavano di cura e ancora lo faccio, sia per formazione professionale sia perché è sempre importante avere sguardi nuovi con cui guardare ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Potevo allora non leggere questo "Manifesto della cura", scritto dal collettivo The Care Collettive? "Di cosa parliamo quando parliamo di cura? Cosa vuol dire avere cura degli altri e chi sono questi altri? Come fare in modo che prendersi cura degli altri non sia solo un' attitudine individuale, da filantropi, ma un imperativo etico e una responsabilità politica?" Mica male come prime righe. Poche pagine ma densissime di contenuti, in cui più piani, da quello personale a quello politico, si intrecciano ... perché così è la realtà. Siamo dentro le relazioni, viviamo nelle relazioni, a tutti i livelli. "La consapevolezza della nostra dipendenza e interdipendenza dagli altri è il primo passo per rimettere la cura al centro dell'agenda politica e sociale" "Prendersi cura non può essere un processo individuale ma collettivo". Ed è proprio la presa di consapevolezza di quanto il sistema in cui siamo inseriti e le relazioni ci formino, di quanto ci costituiamo attraverso la relazione, che deve farci adottare la prospettiva di una cura che sia responsabilità collettiva. Il discorso su che cos'è "cura" viene amplificato: "Quando parliamo di cura non ci riferiamo soltanto alla cura in senso pratico, ovvero il lavoro svolto in prima persona da chi si occupa dei bisogni fisici ed emotivi altrui, per quanto questo resti un aspetto cruciale. La cura è anche una capacità sociale, un'attività che alimenta tutto ciò che è necessario al benessere e al nutrimento della vita". Ritorna una concezione di benessere che sia inclusivo di mente e corpo, di salute mentale, salute fisica e salute relazionale. "Cura universale significa che la cura in tutte le sue manifestazioni è la nostra priorità, non solo in ambito domestico, ma in ogni sfera, nei nostri legami più stretti, nelle nostre comunità fino ad arrivare agli stati e all'intero pianeta". A Milano ci sono sempre quei due, tre gradi in più, rispetto ai paesi della provincia, che fanno sì che i fiori sboccino in anticipo di qualche settimana.
È come se alcuni fiori si "dessero del tempo", perché sentono che non è ancora arrivato il momento giusto per schiudersi. Non è di certo un tempo passivo: il bocciolo non si immobilizza, continua il suo processo al suo ritmo, sempre in contatto con le condizioni esterne. Anche noi diamoci del tempo se ne abbiamo bisogno. Diamo del tempo a noi stessi, all'altro, alla coppia, ai nostri figli, quando sentiamo che non si è ancora pronti per un cambiamento. Ma che questo tempo non sia passivo, in attesa di una magia dall'alto ( o dall'altro). Che sia un tempo attivo: per aumentare la nostra consapevolezza, per starci vicini, per conoscere meglio le nostre emozioni, per provare a fare delle cose in modo diverso, gradualmente, per trovare le nostre risorse, le nostre reti di supporto. Quando vi date tempo, come lo usate? "La cucina è affettività, é trasmissione, la cucina è condivisione, è trasformazione, la cucina è scelta, la cucina è resilienza, la cucina è creatività la cucina è narrazione, la cucina è maestra di vita"
Barbara Volpi Ho iniziato il mio viaggio in cucina verso i 18 anni, cominciando a preparare dolci, in particolare muffin e crostate, incuriosita dalle ricette dei programmi di cucina. Adesso è diventato un rituale che io prepari un dolce in occasione dei compleanni di famiglia. Il fare in cucina ... si parte dalla concretezza del presente, del qui ed ora, da ciò che si ha davanti agli occhi e tra le mani e alla fine, proprio dalle mani, si arriva a dare forma e vita a ciò che si aveva solo nella mente. E non è questo un modo per "curare affettivamente" se stessi? .Uno dei vantaggi (sicuramente il più goloso) del vivere in un quartiere multietnico è che alla fine i tuoi vicini diventano amici e capita che ti diano il buongiorno con questi dolcetti marocchini, i chebakia, fatti con sesamo e miele.
Il cibo non dovrebbe mai diventare forzatamente e unicamente una punizione o un premio, né per noi né per gli altri. Se lo diventa è perché intorno a noi qualcosa non ci sta facendo bene. Il cibo dovrebbe essere nutrimento per le nostre relazioni, un modo (uno dei tanti, indubbiamente) per prendersi cura reciprocamente, per dirsi "ti penso", "ti voglio bene". “Voglio poterti amare senza aggrapparmi, apprezzarti senza giudicarti, invitarti senza insistere, lasciarti senza senso di colpa, criticarti senza biasimarti, aiutarti senza umiliarti; se vuoi concedermi la stessa cosa, allora potremo veramente incontrarci e aiutarci reciprocamente a crescere."
Virginia Satir Come sarebbe bello se tutte le relazioni, che siano tra pari o tra grandi e piccini, fossero così! Invece ogni tanto ci aggrappiamo, giudichiamo, insistiamo, ci sentiamo in colpa, a volta addirittura feriamo e umiliamo l'altra persona. La cosa importante però, non è essere sempre perfetti, ma imparare a conoscersi, perdonarsi e migliorare. |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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