Quando sono diventata mamma, mio papà già non c'era più. Capita spessissimo che io me lo immagini in veste di nonno: penso a quello che direbbe, a come giocherebbe, alle risate e agli abbracci che darebbe a sua nipote. Purtroppo è tutto nella mia testa eppure ... non c'è assenza. Perché ci sono i ricordi, ci sono i sogni, ci sono le coincidenze che mi piace pensare non siano solo un caso. Ci sono le sensazioni, le foto, i consigli dati allora, forse non ascoltati, ma che riaffiorano adesso nel momento del bisogno. Perdere qualcuno è dolore e lacrime, anche a distanza di anni: cambia forma ma resta. Riuscire a sentirne la presenza, invece, nonostante il vuoto fisico, ha in sé un qualcosa di "magico". Ed è per questo che quando sento il vento soffiare, come il giorno in cui se ne è andato e come quello in cui sono diventata mamma, o quando vedo una farfalla bianca svolazzare sui miei fiori, dico a mia figlia "è il nonno". Sant'Agostino scrisse che i morti "non sono assenti ma sono esseri invisibili". Chi ha perso una persona cara sa quanto doloroso e faticoso può essere continuare la vita senza averla più accanto. La mancanza resta l'unica costante nel tempo che passa ma per oggi, con questo psicoesercizio, vi invito a soffermarvi sulla presenza. Mi farebbe piacere condividere i vostri commenti o le vostre esperienze. Ecco un libro che parla di famiglia e di come siamo semplici anelli di una catena di generazioni. Spesso diventiamo vittime di eventi e traumi già vissuti dai nostri antenati. E' l'inconscio familiare: la storia che altri hanno scritto per noi.
Anne Ancelin Schutzenberger, terapeuta ed analista con oltre cinquant'anni di esperienza, spiega nel libro "La sindrome degli antenati" [1993-Di Renzo Editore] il suo originale approccio psicogenealogico. "La vita di ciascuno di noi è un romanzo. Voi, me, noi tutto viviamo prigionieri di un'invisibile ragnatela di cui siamo anche tra gli artefici. Se imparassimo ad afferrare, a comprendere meglio, ad ascoltare e a vedere queste ripetizioni e coincidenze, l'esistenza di ciascuno di noi diventerebbe più chiara, più sensibile a ciò che siamo e a ciò che dovremmo essere. Ma è possibile sfuggire a questi fili invisibili, a queste triangolazioni, a queste ripetizioni?" Anne Ancelin Schutzenberger sostiene che, in un certo senso, siamo meno liberi di quanto crediamo. Pertanto possiamo riconquistare la nostra libertà e svincolarci dalla ripetizione capendo ciò che accade, afferrando questi fili nel loro contesto e nella loro complessità. Questi complessi legami vengono vissuti nell'indicibile, nell'impensabile, nel non detto o in segreto. Tuttavia esiste un modo per trasformare sia questi legami affinché le nostre vite diventino profondamente a misura di ciò che desideriamo, di ciò di cui abbiamo voglia e bisogno per esistere. Se si è governati dal caso o dalla necessità, si può comunque cogliere la propria occasione, cavalcare il proprio destino, capovolgere la sorte sfavorevole ed evitare i tranelli delle ripetizioni transgenerazionali inconsce. Secondo la Schutzenberger, il lavoro della psicoterapia è fare in modo che la vita sia l'espressione del nostro autentico essere. Lo psicoterapeuta, dopo essersi smascherato e compreso lui stesso, è pronto per capire, ascoltare e vedere. Allora, umilmente, avvalendosi di tutto il suo sapere, il terapeuta cerca di essere l'intermediario o il traghettatore che colma la distanza tra colui che cerca se stesso e la sua verità.
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Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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