Ho un figlio che, almeno la notte, non piange quando reclama il cibo. Ma si agita, muove le manine, scalcia, fa versi e borbotta come si borbotta quando al ristorante il piatto ordinato tarda ad arrivare.
Poi fa una cosa che mi diverte sempre molto: mi sorride. Quel sorriso sgraziato dei neonati, a bocca aperta e un po'storto, che si vede che ci sta ancora prendendo la mano e che quella dozzina di muscoli coinvolti nel sorriso si sta ancora allenando. Un po' una palestra del ridere, chissà l'impegno che ci mette. E restiamo così, io e lui, per una manciata di secondi, coi nostri sorrisi silenziosi e sguaiati, che a me non tolgono certo le ore di sonno perse e le palpebre calanti, ma me li godo tutti, perché sono semplicemente belli. Allora penso che a volte ci serve proprio qualcuno che sorrida per primo, che faccia lui la fatica di essere felice e che ci resti accanto silenziosamente, non necessariamente per toglierci dai nostri dolori, ma per farci vivere l'effetto che fa.
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Emma Montorfano
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Settembre 2021
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