Questi rami stanno disperatamente cercando di abbracciarsi o di lasciarsi? Quale che sia la loro intenzione, se fossero una coppia in terapia, mi piacerebbe chiedere loro: cosa vedete? Cosa provate in questo momento, ad essere in questa posizione? Siete comodi o scomodi nelle emozioni che sentite? Sono domande che possiamo porci tutti, anche ogni giorno, soprattutto quando ci troviamo in una situazione di "crisi" e scegliere il passo da fare può essere molto difficile.
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Da quando Vera ha iniziato a camminare, le cadute si sono susseguite. Al parco, poi, vedendo gli altri bambini correre, è motivata a fare altrettanto e capita che inciampi, scivoli, perda l'equilibrio. A volte si rialza senza un lamento, altre volte inizia a piangere per le ginocchia sbucciate. Niente che non si risolva con un abbraccio e qualche coccola. Quando succede però, proprio perché conosco la potenza delle parole, mi chiedo cosa sia meglio fare e dire.
Il classico: "Non piangere, non é successo niente" : beh, insomma, forse per noi adulti è poca cosa e il nostro intento è certo quello di consolare il pianto, ma per una bambina di nemmeno due anni che sta sperimentando le sue capacità? Che messaggio trasmettiamo? Che cadere non è importante? Che le cadute vanno nascoste perché scomode? "Non ti sei fatto niente": anche qui si rischia di sottovalutare la reazione del bambino/a e di sostituirsi a lui/lei nel processo di presa di consapevolezza. Magari può essere più utile aiutarlo/a ad osservare e valutare insieme cosa è successo? "Non sei capace!": magari condita con ironia e risatine...che effetto può fare su un/a bambino/a è facile da capire...basta che proviamo a dire la stessa frase a noi stessi quando sbagliamo. E quante volte ce la portiamo dietro anche da adulti? Quante volte ci diciamo "Sono un fallito, non sono capace di fare nulla, sbaglio tutto"? "Piangi per nulla!": questo capita di dirlo e di sentirlo spesso. Ma se ci fermiamo a riflettere, è un'affermazione che trasmette un messaggio sbagliato: ovvero che piangere non è una cosa da poter fare sempre e che non si deve piangere quando, letteralmente e metaforicamente, "si cade". Ecco, io vorrei essere una mamma che di fronte alla cadute di mia figlia, sappia prima di tutto osservare. Guardare cosa è successo ed osservare la reazione di mia figlia. Aspettare (ahimé a volte è così difficile) e poi decidere cosa fare e cosa dire a seconda della sua reazione. Intervenire subito se necessario, o lasciare che se la sbrighi da sola, magari aiutandola poi a capire come mai è successo e come mai ha reagito così. Vorrei essere una mamma che sappia anche valorizzare le cadute. Perché alla fine si cade tutti. Chi prima, chi poi, chi più spesso, chi non fa una piega, chi fa fatica ad alzarsi per mille ragioni. Le cadute però sono importanti, e spesso tendiamo a nasconderle per vergogna, perché sono una prova tangibile di non essere stato "abbastanza" o "capace". Potrei sciorinare un sacco di aforismi e citazioni sugli errori ma il succo sarebbe sempre lo stesso: ciascuno di noi, nella propria esperienza di vita, cresce, si evolve e diventa quello che è attraverso gli errori che fa e ciò che impara da essi. Se vi interessa il tema degli errori e della paura di sbagliare, QUI POTETE TROVARE UN ARTICOLO che ho scritto. Qual è la paura che ti blocca in questo periodo? Vera, senza troppi giri, ci ha fatto capire di non apprezzare il bagno in mare. Bene i giochi sul bagnasciuga, camminare su e giù, raccogliere conchiglie, perfino gli scogli sono stati più invitanti di un tuffo in acqua. Ci abbiamo provato in tanti modi, più o meno diretti o giocosi ma poco è cambiato: Vera in versione koala che ritira i piedini appena cerco di immergerla. Allora ho deciso di lasciar perdere, di ascoltare i suoi desideri e di non forzarla. L'ultimo giorno di vacanza ci ha sorpreso: complice il mare tranquillissimo e senza onde, e la voglia di seguire un gruppo di bambine con le quali stava giocando sulla sabbia, mi ha fatto capire di voler entrare in acqua. L'esperienza marina è durata molto poco, ma sufficientemente per immortalare il momento con uno scatto. L'avversione per l'acqua non è scomparsa ma Vera è riuscita a trovare le risorse e la motivazione per fare un piccolo passo verso ciò che le procura paura. A volte capita così, che qualcosa ci fa paura e nemmeno l'assenza di onde e l'abbraccio sicuro di una mamma possono fare molto. Nemmeno le rassicurazioni, la razionalità, l'appoggio delle persone vicine. Allora forse possiamo darci del tempo. Per scoprire che forse possiamo farcela, che c'è qualcosa per cui vale un po'la pena tentare. Sempre con una rete di sicurezza sotto di noi e tante coccole poi. Se non riesci da sola/o a gestire le tue paure, non significa che tu sia debole o incapace. Semplicemente stai facendo il meglio che puoi ma forse la tua paura ha una ragione per restare. Insieme possiamo scoprire qual è e lasciare che se ne vada.
Tre bambine al parco: tre colori diversi, tre lingue madri differenti. Mi piacerebbe sapere cosa si stanno dicendo, di sicuro stanno comunicando. Senza avere ancora le competenze proprie del linguaggio verbale adulto (e senza che la lingua madre sia la stessa), usano gesti e suoni per capire e farsi capire. E per fare ciò occorre avere da un lato la curiosità, dall'altro la pazienza dell'ascolto. Che sono spesso gli atteggiamenti che perdiamo da adulti, quando la padronanza delle parole ci fa credere che bastino quelle per inviare messaggi efficaci. Capita allora, soprattutto durante i litigi, che ci affidiamo solo al verbale senza soffermarci ad ascoltare davvero noi stessi e l'altro, i nostri bisogni così come i suoi. Cercherò di ricordarmi di questa immagine la prossima volta che mi capiterà di litigare con qualcuno: un invito all'ascolto attento ed attivo. Adoro i Peanuts per la capacità che hanno di cogliere e descrivere la complessità della vita in modo semplice ed immediato. Su questa striscia potremmo dire di tutto e di più. Io l'ho scelta per il tema dei "litigi", per sottolineare (come nell'esercizio) che un passo fondamentale quando si comunica con un'altra persona è la curiosità verso il suo punto di vista. Se questa viene a mancare, manca l'attenzione necessaria per ascoltare e la voglia di comprendere la prospettiva dell'altro. Che non significa giustificare o cambiare opinione. Significa "semplicemente" conoscerla meglio. E sicuramente, con una tale conoscenza, anche un litigio può diventare interessante e costruttivo.
Una serie di spunti di riflessione sui propri talenti, sull'imparare, sulla scoperta che anche "da un cavolo" possono crescere dei bellissimi fiori
Con gli esercizi degli occhiali verdi vi abbiamo proposto di trovare usi alternativi agli oggetti che usiamo abitualmente...io e la collega Anna Gigliarano ci abbiamo provato con la mascherina!
Ed eccoci arrivati al quarto paio di occhiali ... lenti gialle,che ci permettono di individuare le risorse,i talenti, le capacità, tutto ciò che ci occorre per raggiungere i nostri obiettivi.
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Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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