.Uno dei vantaggi (sicuramente il più goloso) del vivere in un quartiere multietnico è che alla fine i tuoi vicini diventano amici e capita che ti diano il buongiorno con questi dolcetti marocchini, i chebakia, fatti con sesamo e miele.
Il cibo non dovrebbe mai diventare forzatamente e unicamente una punizione o un premio, né per noi né per gli altri. Se lo diventa è perché intorno a noi qualcosa non ci sta facendo bene. Il cibo dovrebbe essere nutrimento per le nostre relazioni, un modo (uno dei tanti, indubbiamente) per prendersi cura reciprocamente, per dirsi "ti penso", "ti voglio bene".
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Ieri è stata la festa della mamma! Ho letto un sacco di post, da quelli più dolci a quelli più polemici, da quelli personali a quelli sociali, immagini, frasi, dediche ed auguri! Alcuni scritti hanno fatto commuovere, altri hanno acceso una riflessione. La cosa su cui però mi è piaciuto soffermarmi di più è stato il famoso "pensierino" scritto dai figli alla propria mamma. Il primo pensiero è stato "ma che dolcezza, non vedo l'ora di leggere ciò che Vera pensa di me come mamma" e subito dopo "alt! E se mia figlia non avesse cose belle da raccontare su di me? Se avesse in mente solo mancanze e difetti?". Mi sono quindi detta "Emma, devi fare meglio!". E sta cosa mi ha messo addosso tanta di quell'ansia, che alla fine ho mollato lì l'idea della perfezione, che probabilmente farei più danni a cercare di essere una mamma perfetta, piuttosto che ad essere quella che sono.
Però su una cosa ho riflettuto: che quale che sia la descrizione che Vera darà della sua mamma, quella sarà la versione di me per lei più importante. E per me sarà preziosissima! La felicità è un ingrediente importante per la crescita. Ma può diventare un ostacolo? Vi propongo due spezzoni di film La famiglia Bélier La ricerca della felicità Quando diventiamo genitori investiamo così tanto tempo, energie ed amore nei figli che rischiamo di caricarli di troppo grandi aspettative... come ad esempio, quella di renderci felici. Ci aspettiamo, inconsapevolemente, che siano loro a doverci fare felici. E ai figli passa il messaggio che il loro dovere è essere come i genitori si aspettano, affinché siano orgogliosi di loro. Altre volte capita di dedicarsi completamente ai figli, per farli felici, e la nostra felicità diventa "vedere i figli felici", prendendoci tutta la responsabilità e dimenticando che una parte spetta a loro e che noi genitori possiamo trovare una fetta di felicità al di fuori del ruolo genitoriale. Ma quali sono le conseguenze? Nel primo caso, figli non riescono a trovare la loro strada e ciò che desiderano davvero, perché sempre concentrati a soddisfare i genitori. Faranno fatica a lasciare i genitori da soli, sentendosi in colpa per renderli tristi e temendo di deluderli se faranno scelte diverse dalle aspettative genitoriali. E i genitori saranno ricompensati dall'avere, apparentemente, un figlio proprio come lo desiderano, senza però conoscerlo pienamente. Nel secondo caso, i genitori non riescono a trovare la loro felicità al di fuori dei figli e possono o trattenere i figli troppo vicino a sé o sentirsi persi quando i figli usciranno di casa. Continueranno a farsi carico della felicità dei loro "bambini". Per i figli, diventerà difficile riconoscere di avere le capacità e le risorse per realizzarsi ed essere felici da soli, caricando sopra qualcun altro questa responsabilità (magari con il rischio che venga disattesa). Cosa ci può aiutare? A volte ci carichiamo così tanto della responsabilità di fare felici gli altri che faremmo di tutto per loro, aspettandoci in cambio la loro serenità. MA la felicità è una conquista che arriva INDIPENDENTEMENTE da quello che qualcuno può fare per noi, perchè è nostra. Ciò che può fare l'altro per noi è STARCI ACCANTO nel nostro viaggio alla ricerca della felicità. Se vi interessa, potete approfondire altri temi sull'importanza del rispettare i propri bisogni qui e sul "troppo amore" qui I tuoi figli non sono figli tuoi. La psicoterapia si occupa di cambiamento.
È ciò che più mi piace del mio lavoro: osservare, sperimentare, accompagnare, vivere il cambiamento. Spesso si va in terapia per il nostro rapporto con il mondo (con il nostro mondo di significati), per l'immagine di noi stessi nella nostra rete di relazioni. Non sempre ce ne rendiamo conto, ma siamo in continuo cambiamento, ogni giorno facciamo dei micro cambiamenti affinché il nostro mondo resti in equilibrio, sempre uguale e rassicurante. Non a caso le crisi ci mettono a dura prova e ci obbligano a ridefinire il modo in cui teniamo insieme tutti i pezzi. A volte ci si "ammala" per mantenere l'equilibrio e solo l'idea che qualcosa lo possa rompere ci fa preferire lo stare male al cambiamento. Quando sentiamo che non c'è più equilibrio nonostante i nostri sforzi o quando realizziamo che i cambiamenti che abbiamo attuato ci fanno stare male, nasce il bisogno di fare qualcosa, di cambiare direzione, di chiedere aiuto. "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi", così scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne "Il Gattopardo". “Voglio poterti amare senza aggrapparmi, apprezzarti senza giudicarti, invitarti senza insistere, lasciarti senza senso di colpa, criticarti senza biasimarti, aiutarti senza umiliarti; se vuoi concedermi la stessa cosa, allora potremo veramente incontrarci e aiutarci reciprocamente a crescere."
Virginia Satir Come sarebbe bello se tutte le relazioni, che siano tra pari o tra grandi e piccini, fossero così! Invece ogni tanto ci aggrappiamo, giudichiamo, insistiamo, ci sentiamo in colpa, a volta addirittura feriamo e umiliamo l'altra persona. La cosa importante però, non è essere sempre perfetti, ma imparare a conoscersi, perdonarsi e migliorare. Ci sono dei luoghi che, quando torno, mi fanno tornare indietro nel tempo, a quando ero una bambina e d'estate si girava in bicicletta con le amiche tra questi sentieri nei boschi. Mi sembra di aver bisogno, ogni tanto, di ritrovarmi in questi posti, di sentire ancora quelle sensazioni provate anni fa, di riconnettermi con la bambina che ero.
E citando Calvino "D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere" Qual è il vostro luogo d'infanzia in cui vi piace tornare? |
Emma Montorfano
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Febbraio 2023
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